Dall'Rt ai ricoveri in terapia intensiva: quali sono i 21 criteri che guidano le scelte del Comitato tecnico scientifico

Il paniere degli indicatori scelti dal Governo per decidere in quale fascia inserire i territori è composito e di non facile miscelatura nemmeno per i componenti del Cts nazionale

UDINE. Dalle Terapie intensive al numero dei sintomatici, passando per i ricoveri nei reparti “ordinari” e l’ormai famoso indice Rt che da mesi accompagna ogni analisi di pericolo sanitario all’interno del Paese e delle singole Regioni. Il paniere di 21 criteri scelti dal Governo per decidere in quale fascia inserire i territori è dunque composito e di non facile miscelatura nemmeno per i componenti del Cts nazionale.

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I criteri, entrando nel dettaglio delle specifiche governative, uniscono analisi della capacità locale di monitoraggio, di diagnosi e di tenuta del sistema ospedaliero da parte delle singole Regioni. Per quanto riguarda il monitoraggio, Roma tiene in considerazione sei criteri separati a partire dal numero di casi sintomatici notificati per mese in cui è indicata la data di inizio dei sintomi stessi rapportato al totale dei contagi notificati al sistema di sorveglianza nazionale nel medesimo periodo.

Il secondo step, quindi, riguarda i casi mensili notificati con storia di ricovero in ospedale – ma soltanto in reparti ordinari come le Malattie infettive – rapportato al totale dei pazienti non gravi ospitati nei nosocomi del territorio nel periodo considerato. Si entra, poi, nel tema delle Terapie intensive con lo stesso calcolo percentuale effettuato sui ricoveri ordinari. Si passa, inoltre, anche al numero di casi notificati per singolo mese, in relazione ai Comuni di residenza oppure domicilio, e rapportati al totale, oltre a due sezioni facoltative: le checklist somministrate ogni settimana nelle strutture residenziali sociosanitarie e il numero di queste con almeno una criticità riscontrata ufficialmente.

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Esiste, andando oltre, pure una serie di indicatori di processo sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e di gestione dei contatti. Il tutto a partire dalla percentuale di tamponi positivi con la raccomandazione di escludere, per quanto possibile e con l’obiettivo di ottenere un risultato più aderente alla realtà contingente, tutte le attività di screening e il riesame dei soggetti già risultati positivi, complessivamente e per macro settore – territoriale, pronto soccorso oppure ospedale – per mese.

DUE STORIE SUL TEMA:

Il ministero, proseguendo, chiede un'analisi del tempo intercorso tra la data di inizio sintomi e quella della diagnosi, tra la sintomaticità e l’isolamento domiciliare oltre al numero e alla tipologia di figure professionali dedicate in ciascun servizio territoriale alle operazioni di contact tracing. Non soltanto, però, perché poi va analizzata la quantità, e il tipo di figure professionali dedicate alle attività di prelievo e di invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti, rispettivamente, in quarantena e in isolamento domiciliare senza dimenticare il numero complessivo di casi confermati di infezione nella regione.



Fondamentali, infine, alcuni parametri definiti come indicatori di risultato relativi alla stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari. Parliamo, in questo caso, del numero di casi riportati negli ultimi 14 giorni, dell’Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata dell’Istituto superiore della sanità, della quantità di positivi riportati alla sorveglianza sentinella Covid-net per settimana, e si quella dei contagi per data diagnosi e inizio sintomi per giorno.

Sempre tra questi criteri, infine, si inseriscono il numero di nuovi focolai, di casi di infezione non associati a catene di trasmissione note, di accessi al pronto soccorso, il tasso di occupazione in Terapia intensiva per pazienti affetti da coronavirus e quello di occupazione dei posti letto totali negli altri reparti per pazienti affetti da Covid.

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