Debiti dell’Udinese, la Finanza in municipio

La Procura ha indagato un dirigente per abuso d’ufficio. Nel mirino Imu e canoni di locazione dello stadio Friuli non pagati

UDINE. Quanti sono i soldi che il Comune di Udine attende di incassare dall’Udinese calcio, al pari di qualsiasi altro contribuente o proprietario d’immobili, e quanti quelli che, di contro, rinunciando a presentare il conto alla società bianconera, ha versato o rischia di dover versare di tasca propria? È ciò che la Procura intende chiarire attraverso la nuova inchiesta giudiziaria che, tra la fine della settimana scorsa e l’inizio di questa, ha visto i militari della Guardia di finanza entrare e uscire per tre giorni da palazzo D’Aronco.

Il fascicolo è coordinato dal pm Marco Panzeri e raccoglie cinque distinti filoni d’indagine relativi ad altrettante vicende scaturite o, comunque, conseguenti alla stipula, il 29 marzo 2013, della convenzione per il “Trasferimento del diritto di superficie dello stadio Friuli” dall’amministrazione comunale alla società di patron Pozzo. La somma complessivamente sotto esame supera i 4,6 milioni di euro.

Tutti denari pubblici. Al momento, risulta formalmente indagato il solo responsabile del Dipartimento politiche finanziarie, acquisti e attività produttive, Rodolfo Londero, 47 anni, di Campoformido. Il reato ipotizzato è l’abuso d’ufficio continuato.

La perquisizione

Per il pm Panzeri è una specie di déjà vu. Sul suo tavolo il nome dell’Udinese è tornato più e più volte. È suo il faldone che, dal 2014, tiene la società bianconera sotto lo scacco di un’altra inchiesta in cui l’accusa di dichiarazione fraudolenta mediante fatture false (operazioni di scouting ritenute inesistenti) si incrocia a quella di omessa dichiarazione dei redditi a carico dei coniugi Pozzo, poichè iscritti all’Anagrafe italiani residenti all’estero.

Questa volta, l’attenzione investigativa è puntata verso il Comune e l’Udinese compare di riflesso, in quanto “beneficiaria” di una serie di presunte omissioni amministrative. Da qui, la serie di perquisizioni, audizioni e acquisizioni documentali effettuate negli uffici di palazzo D’Aronco, server dell’Ufficio tributi in testa.

L’accusa al direttore

Le vicende al centro dell’inchiesta sono tutte già più o meno note all’opinione pubblica, per essere state spesso oggetto di scontri politici nell’aula del Consiglio comunale e, di rimbalzo, sulle pagine dei giornali. Quella dell’Imu, per esempio, fa scuola.

Nel marzo del 2014, dopo che l’allora consigliere comunale d’opposizione, Adriano Ioan, sollevò lo strano caso del mancato pagamento da parte dell’Udinese dell’Imposta municipale unica sullo stadio Friuli, il patron Gianpaolo Pozzo convocò immediatamente una conferenza stampa per rispedire al mittente l’accusa. Al suo fianco c’era anche il sindaco Furio Honsell.

Ora, però, la faccenda si fa più seria. Al direttore Londero si contesta l’abuso d’ufficio per non avere attivato le procedure per la riscossione dell’Imu dovuta dal giugno 2013 al giugno 2016 e calcolata in circa 700 mila euro. All’epoca, un Pozzo particolarmente risentito spiegò che la rendita catastale calcolata 30 anni prima sul vecchio stadio doveva essere rivista e, a suo dire, abbassata per la riduzione da 40 a 30 mila dei posti.

L’imposta contestata

Non meno singolare la vicenda relativa al mancato pagamento da parte dell’Udinese dell’imposta ipotecaria e catastale dovuta per il passaggio del diritto di superficie.

In ballo, 863.521,50 euro, cioè la somma delle imposte e delle sanzioni per le quali l’Agenzia delle entrate, con due distinti provvedimenti indirizzati al Comune e alla società sportiva il 22 maggio 2014, sollecitò la liquidazione e che, a rigor di contratto, sarebbero interamente a carico dell’Udinese calcio (articolo 17, punto 1, della Convenzione).

Nel circostanziare la vicenda e ricordare come la fattura emessa dal Comune per l’operazione di cessione ammontasse a complessivi 26.042.611 euro - 21.587.611,17 euro relativi all’esecuzione delle opere del nuovo stadio e 4.455.000 al pagamento di 99 rate da 45 mila euro a favore del Comune -, la Guardia di finanza ha osservato come «per motivazioni allo stato disconosciute», il versamento delle relative imposte fosse stato effettuato non sulla base imponibile, bensì soltanto sulla quota dei quasi 4,5 milioni.

Il Comune aveva prontamente presentato ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Udine, ma nessuna azione era stata avviata, nè prima e nè poi, nei confronti dell’Udinese. Tra le somme accantonate quest’anno da palazzo D’Aronco per i contenziosi, ha recentemente osservato il consigliere Maurizio Vuerli (Fi), una quota servirà proprio a coprire il procedimento.

Il pregresso dimenticato

L’articolo 3 della Convenzione vincola i contraenti a «definire i rapporti ancora pendenti». Come noto, alla data della stipula, al Comune non erano stati corrisposti ancora i canoni di locazione relativi ai periodi che vanno dal 1° luglio 2009 al 30 maggio 2010 e dal 1° luglio 2010 al 28 marzo 2013. Per un totale di 941.032,31 euro di mancati introiti nelle casse cittadine. Con nota del 17 dicembre 2013, il direttore del Dipartimento Servizi alla persona, Filippo Toscano, ne aveva comunque sollecitato il pagamento.

L’Anticorruzione

Il trasferimento del “Friuli”, ossia di un bene di proprietà del demanio pubblico, aveva ricevuto il placet della Corte dei conti e dell’Autorità nazionale anticorruzione dopo che il Comune aveva spiegato di non disporre di adeguate risorse finanziarie per procedere alla ristrutturazione dell’impianto sportivo.

L’accordo con l’Udinese, ossia la costruzione del nuovo stadio in cambio del suo «possesso giuridico e materiale» per i successivi 99 anni, era apparso quindi la soluzione ideale. Ma poi, con determinazione del 17 giugno 2015, era stata la stessa Autorità presieduta da Raffaele Cantone a sollevare cartellino giallo: opere di manutenzione straordinaria per oltre 2 milioni di euro realizzate dal Comune dopo l’affidamento del diritto di superficie erano parse stonate. Ed è anche rispetto a quel rilievo che, ora, la Procura chiede un approfondimento.

Dubbi sul nome Dacia Arena

Il divieto è scolpito all’articolo 5 della Convenzione: la denominazione “Stadio Friuli” non si cambia. Eppure, «apparentemente contravvenendo a quanto previsto», l’Udinese «risulta de facto avere variato il nome in “Stadio Dacia Arena Friuli”» nell’ambito di un contratto di sponsorizzazione.

L’operazione, fortemente contestata sia dall’opposizione in Consiglio comunale, sia dalla tifoseria, potrebbe a sua volta diventare materia d’interesse per la Procura. In cambio della deroga alla Convenzione, la Giunta Honsell aveva proposto all’Udinese che al Comune fosse corrisposto il 20 per cento del valore annuo del contratto di sponsorizzazione (il doppio rispetto all’offerta ricevuta), pari a 150 mila euro. Succedeva nel settembre 2015. Da allora, palazzo D’Aronco non ha mai più saputo niente.

E intanto, il nome è cambiato e le insegne “Dacia Arena” esposte sulle curve dello stadio, pur in presenza della sentenza del Tar che dichiara legittimo il diniego all’autorizzazione rilasciato dal Comune, non sono state ancora rimosse.

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