Debutto da leader pd con l’assalto a Bersani
UDINE. È un turbinio di vigore e idee, di entusiasmo e stimoli. Viaggia veloce Debora Serracchiani, nuova presidente del Fvg, verso la Regione che vuole disegnare. Trascorre il primo giorno da governatore a Roma, per partecipare da segretaria regionale del Pd alla Direzione nazionale del partito, in un momento infuocato per i democratici. E lei più di altri davanti a quella platea interviene, pur correndo il rischio – come accade – d’essere guardata con insofferenza.
Perché a lei, nel momento peggiore del partito, è riuscita l’impresa di vincere sul presidente uscente e ora per molti è il simbolo di un Pd che vuole e deve rinascere. Venga pure qualche mugugno dai colleghi, respinto per altro da Rosy Bindi. Serracchiani ha appena vinto e grinta a sufficienza per non lasciarsi intimorire. Non la spaventa nemmeno – e non per incoscienza – ciò che la attende per il governo del Fvg, in una fase complicatissima, con meno risorse e un bisogno forsennato di lavoro, soprattutto da parte dei giovani. Già oggi Serracchiani sarà al lavoro.
Poi – è appena diventata zia per la seconda volta – si prenderà un paio di giorni di pausa e lunedì si ributterà a capofitto sul Fvg. Non detta tempi, ma assicura che la composizione della giunta sarà rapida, non supererà i costi dell’attuale e soprattutto sarà forte. Da dove comincerà la sua azione di governo? Dal taglio dei costi della politica.
Presidente, è delusa dall’esito della Direzione del Pd?
«Innanzitutto c’è stato un applauso come riconoscimento al territorio e ho voluto ringraziare il Pd del Fvg e la coalizione per la vittoria, nonostante Roma. Poi ho parlato da militante ho chiesto spiegazioni, perché non è possibile chiamarci solo nelle emergenze o per organizzare gazebo o volantini, mentre quando ci sono scelte politiche delicatissime da prendere non ci chiama nessuno, noi che siamo il trait d’union con il territorio e con gli iscritti. Abbiamo un partito in subbuglio, con tanto elettorato schifato e iscritti che chiedono di capire come e perché. E allora ho chiesto di spiegatemi perché siamo arrivati a indicare Franco Marini, perché abbiamo detto no a Romano Prodi e Stefano Rodotà e sì a Giorgio Napolitano. Al quale, per altro, abbiamo consegnato un mandato in bianco. Questo per me era il nodo che la Direzione doveva scogliere, perché sarà un governo del presidente, nemmeno delle grandi intese. Se invece ci sono condizioni che come partito intendiamo andare a porre, allora quelle dovevano venire fuori in Direzione».
Ma Pierluigi Bersani non le ha risposto?
«No, non ho avuto risposte, però mugugni abbastanza evidenti».
È il segno che il Pd se riparte, riparte con il piede sbagliato?
«Il Pd dev’essere rifondato e deve prendersi i tempi necessari, ma non è oggi il momento della rifondazione. Avevo l’occasione di essere ascoltata e di dare visibilità alla Regione, anche per lo straordinario risultato ottenuto. Mi sono quindi sentita in dovere di dire quelle cose pur sapendo che non avrei strappato un applauso».
Il futuro del Pd è Matteo Renzi?
«Sì, è il futuro, è la candidatura più forte, capace di andare oltre lo steccato del Pd e di parlare al centrosinistra e all’elettorato mobile o deluso. Sono convinta che quella carta verrà giocata, ma non ora. Anche perché il pallino è in mano a Napolitano e non mi pare sia una sua intenzione indicare Renzi, così come non è il caso di attestare a Matteo il fallimento del Pd».
Quando farete il congresso per la segreteria regionale del Pd?
«Nei prossimi mesi e fino ad allora valuteremo una reggenza. Non ritengo opportuno anticipare il congresso in un momento in cui avviamo il governo della Regione e per quanto sta accadendo a livello nazionale».
Cosa farà nei primi 100 giorni di governo regionale?
«Rientro domattina (oggi) e sarò già al lavoro, per inquadrare le prossime scadenze, gli impegni e la macchina Regione. Sarò subito operativa, perché mi piace approfondire, studiare, analizzare e poi partire subito con la costruzione della squadra. Non mi dò un termine, mi prendo il tempo necessario, consapevole che voglio fare in fretta e che spero ci sia prestissimo un governo a Roma per andare subito a ritrattare il patto firmato tra Tremonti e Tondo e quello di stabilità per i Comuni».
La prima riforma?
«Sui costi della politica, perché dobbiamo riconquistare credibilità. Penso quindi alla riduzione dei costi del Consiglio e dell’Ufficio di presidenza, dagli stipendi ai rimborsi da ridurre drasticamente».
Anche per gli assessori?
«Per tutta la macchina regionale compreso il presidente, perché rinuncerò al fondo da non rendicontare di 25 mila euro».
Chiederà di fare lo stesso al presidente del Consiglio?
«Sì».
La sua giunta quanti componenti avrà?
«Farò una prima verifica sulle deleghe e poi deciderò. Di certo non aumenteranno i costi rispetto all’attuale e farò tutti i passi necessari per avere una squadra forte e autorevole».
Sergio Bolzonello sarà il suo vice?
«Ritengo abbia ottenuto un risultato straordinario che legittimi ancora di più la sua importanza nella squadra, ma ritengo giusto parlarne prima con la coalizione».
Uno dei primi impegni sarà l’assestamento di bilancio, la manovra di metà anno. Come investirà quelle risorse?
«Voglio verificare bene la situazione che ereditiamo e capire com’era stato impostato l’assestamento. Sulla base di quello assumerò le prime decisioni. Le priorità, però, sono le politiche attive del lavoro, la riduzione dell’Irpef e il reddito di cittadinanza».
Ci sono in scadenza alcuni vertici di società Partecipate, da Friulia a Fvg Strade a Mediocredito. Come agirà?
«Abbiamo detto che uno degli impegni è il riordino di tutto il sistema delle Partecipate e cominceremo a lavorare subito. Il mio, comunque, non sarà uno spoil system ideologico, cioè analizzeremo l’andamento dei vertici delle società e se un vertice funziona e ci sono condizioni perché venga confermato, verrà confermato, altrimenti si cambia. Di certo effettueremo una riduzione importante di stipendi, emolumenti e numero di componenti dei Cda».
Sparirà il Cda di Promotur?
«Sì, perché è diventata un’Agenzia regionale».
Il candidato del Pd per pochissimo non è riuscito a portare al ballottaggio la Provincia di Udine, riconquistata dal leghista Pietro Fontanini. Eliminerà le Province?
«Nel primo anno di governo avvieremo la riforma istituzionale della Regione, che prevede il superamento delle Province e il riordino delle competenze assegnandole alle aggregazioni di Comuni».
Come agirà per la terza corsia?
«Finalmente posso confrontarmi con i vertici di Autovie e di Friulia e conoscere ogni dettaglio, dai progetti ai rapporti con le banche. Vedrò tutto e poi deciderò».
Chiederà al commissario Renzo Tondo di dimettersi?
«Voglio mi fornisca tutte le informazioni necessarie. Ho sempre detto che la struttura commissariale non serve, che costa troppo e non ha ridotto i tempi di realizzazione dell’opera. Al momento, però, sono più interessata al contenuto che al contenitore».
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