Del Piero: Friuli più povero se tutto si decide altrove
La presidente di Civibank, unico istituto interamente territoriale, analizza i rischi della vicenda

«Se tutto si decide altrove, il Friuli e la sua economia si impoveriscono. Non è una sensazione, è un dato di fatto. E la prova del nove, anche se non conosco nel dettaglio la situazione, la stiamo vivendo con il caso della famiglia Dukcevich, una realtà imprenditoriale molto importante nella nostra regione». Michela Del Piero è la presidente di Civibank, l’unico istituto di credito, (con le Bcc che però fanno capo alle capogruppo di Trento o di Roma), che ha testa e cuore sul territorio.
Presidente è preoccupata di quanto avvenuto?
«Quello degli accorpamenti e delle fusioni bancarie è un processo che dura da vent’anni. I colossi ormai si sono comperati di tutto e nell’intero Nordest non c’è banca che abbia radici locali. Noi siamo un’eccezione, una mosca bianca».
Ma in concreto perchè la presenza massiccia dei grandi gruppi può non essere sempre positiva?
«È semplice. Le aziende che hanno bisogno di linee di finanziamento si trovano ad avere meno interlocutori. E quei referenti sono spesso lontani, talvolta lontanissimi da Udine, da Trieste, da Pordenone».
Faccia qualche esempio.
«Fino a pochi anni fa un’impresa tipo della nostra regione aveva un “castelletto” di affidamenti, con due, tre, anche quattro istituti. Oggi, nella gran parte dei casi, se ne ritrova ad avere uno solo, con una catena di comando distante. E comunque quell’unico fido non ha lo stesso importo dei tre, quattro di una volta».
Ma nei tempi delle cosiddette vacche grasse forse qualche prestito veniva erogato in modo superficiale, con le conseguenze che poi abbiamo visto...
«Il crac delle due ex Popolari venete è gravissimo per i clienti e per i soci, sono d’accordo. Ma non bisogna fare di ogni erba un fascio. Ritengo che ci siano ancora oggi i margini per fare banca in modo indipendente e corretto, seguendo le regole dell’Ue, ma stando vicino alle esigenze del territorio. I vecchi metodi non esistono più, da nessuna parte. I finanziamenti chiesti dall’amico dell’amico o dal politico di turno sono solo un ricordo».
C’è modo di rimediare al monopolio dei giganti nel settore bancario?
«Siamo già tardi. Il processo di accorpamento degli istituti è stato accelerato negli ultimi due, tre anni. Ultimo esempio quello della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia inglobata in Intesa. Ma qua non si decide più niente e la stessa cosa vale per il Veneto».
Di chi sono le responsabilità?
«Penso che la politica sia stata miope in tutto questo lasso di tempo. Nessuno si è davvero domandato che cosa stava accadendo, mentre piano piano perdevamo i gioielli di famiglia, dalla Popolare Udinese alla Banca del Friuli e via elencando. Ma non può esserci economia di territorio senza finanza di territorio».
Civibank però sta resistendo...
«Stiamo combattendo per resistere. Ma se un imprenditore ha un momento di difficoltà finanziaria, è evidente che lo sforzo, da parte della banca di territorio, sarà maggiore rispetto a quello di un altro istituto che si limita ad applicare i criteri dell’Ue. Se il Nordest resta senza banche, ne risentirà pure la ripresa dell’economia, ne soffriranno finanza e occupazione. Adesso dobbiamo salvare la territorialità di chi è rimasto, noi e le Bcc».
L’ha sorpresa l’accusa pubblica dei Dukcevich al sistema del credito?
«È stata una scelta coraggiosa da parte della coppia di imprenditori. Hanno evidenziato un fatto che è sotto gli occhi di tutti. C’è stato troppo silenzio da parte delle istituzioni, della politica, di Confindustria. I Dukcevich hanno rotto uno schema».
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