Delitto Pedron, i periti: «Rosset era immaturo»
PORDENONE. David Rosset, accusato di avere ucciso Annalaura Pedron e assolto venerdì in appello, all’epoca dei fatti «era immaturo e inconsapevole di quanto stava facendo». Una perizia di 50 pagine spiega perché il perito informatico pordenonese oggi quarantenne, non è imputabile. Era stata illustrata al tribunale di primo grado il 29 novembre 2010, analisi consigliata dal gip al momento del rinvio a giudizio. La difesa aveva chiesto immediatamente il proscioglimento, ma il processo era proseguito.
L’incarico era stato affidato allo psichiatra e psicoterapeuta Andrea Clarici, che si era avvalso della collaborazione di Calogero Anzallo, psicopatologo forense, e di Domenico Ferrara, psichiatra. Un lavoro durato sei mesi. Avevano operato separatamente, per non autoinfluenzarsi (una decina di incontri con l’imputato, con il padre e la sorella - la madre era deceduta e di lei erano state acquisite delle memorie scritte - e attraverso l’esame di documenti), tutti e tre a scavare nell’infanzia di David Rosset.
Univoca fu la conclusione: «David Rosset all’epoca dei fatti non era maturo». In un processo ordinario si direbbe che era temporaneamente incapace di intendere e volere, per la procedura minorile, invece, si «accerta che il periziato non era maturo».
In quale contesto viveva, quindi, il quattordicenne? In un «congelamento del suo io interiore» per diversi motivi, non ultimo il fatto di frequentare la setta di Telsen Sao: il 2 febbraio 1988, giorno del delitto, David «non aveva uno sviluppo affettivo medio». Appurata pure una «forte discrasia tra l’età anagrafica e quella mentale», lo sviluppo affettivo «era congelato». Insomma, David «non era un bambino come tutti gli altri». Si era isolato dal mondo a causa delle dinamiche familiari e delle ingerenze della setta. Per lui, che in Telsen Sao rimase dagli 8 ai 18 anni, privato della presenza di coetanei, l’infanzia non poteva essere «normale».
Il pubblico ministero aveva manifestato alcuni dubbi: avrebbe potuto, David Rosset, “sviare” i periti durante l’esame? No, avevano risposto, perché vi sono molti parametri che «farebbero emergere un atteggiamento non cristallino».
La famiglia di Annalaura Pedron, attraverso l’avvocato Roberto Pascolat, aveva contestato la metodologia utilizzata per la perizia, sulla base dei rilievi dei propri consulenti Franco Piani e Gelindo Castellarin: l’impostazione aveva avuto un carattere clinico piuttosto che forense.
Il tribunale aveva avvalorato la relazione dei servizi sociali, obbligatoria prima di avviare un processo a un minore, rispetto alla perizia.
Su che cosa si basava quest’ultima? Sulle pagelle delle scuole elementari (dove David era stato valutato dalla maestra come «intelligente, ma un po’ svogliato») e delle scuole medie. Il contesto della setta, inoltre, non era stato ritenuto un elemento sufficiente per la dichiarazione di non imputabilità.
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