Di Meo si è dimesso da Tpn «La mia vita controcorrente»

Dopo 35 anni l’addio «non facile, ma sono pronto per una nuova avventura» Ricordi, aneddoti e una promessa: «Non intendo candidarmi, amo la mia libertà»
«Non è facile scendere le scale di quella che per tanti anni è stata la tua casa e sapere che non ci tornerai più». Per Gigi Di Meo è arrivato il tempo dell’addio. Non alla televisione – si tranquillizzino i fan del direttore –, ma a quella che è stata la “sua” televisione. Di Meo ha dato le dimissioni da Telepordenone per iniziare una nuova avventura: quella con “13”.


Di Meo alla fine le indiscrezioni erano giuste. Dopo tanti anni lascia Tpn, come mai?


«Dopo 35 anni, avevo iniziato nell’82-83. Devo dire che vado via sereno e ringrazio l’editore per quello che ha fatto in tanti anni. Non cerco la guerra con nessuno e non ho mai cercato altro, anzi tante volte ho detto di no a proposte di lavoro».


Perché sì questa volta?


«Mi è stato prospettato un progetto che migliora la qualità della mia vita e ho accettato. Ero stanco...qualche anno fa – non ne ho mai parlato – ho avuto un periodo nero, ho perso 12 chili, solo la mia famiglia mi ha permesso di risollevarmi. Quando devi fare sempre di più, alla fine ti resta zero. Ho deciso di cambiare, non è una decisione presa a cuor leggero».


Di Meo è da sempre controcorrente, lo era anche quando non andava di moda. E’ davvero così?


«In effetti ho iniziato a quando non era facile essere “grillino”. Se sei davanti alla telecamera non puoi camuffare la verità e io ho sempre pensato che la gente voglia sapere come la pensi. Il mio telegiornale è nato come un talk show, dove diverse persone si confrontano. Diciamo che ho anticipato i tempi. La ragione? In Friuli Venezia Giulia siamo 1,2 milioni di abitanti, galline comprese, per cui le notizie sono quelle, raramente hai fatti di cronaca di rilievo. Ecco che allora sta a te dare le notizie proponendo il tuo punto di vista e innescando un contraddittorio».


Il pubblico sembra averle dato ragione...


«Sono uno che divide: o ti piaccio o mi sputeresti in faccia. Per me il mondo è bianco o nero».


Bianco o nero anche in politica?


«La divisione non è tra destra o sinistra, ma tra chi fa bene e chi no. Se andate a vedere ho elogiato sia Bolzonello che Ciriani, perché secondo me sono due amministratori capaci».


Visto che parliamo di politica: non è che si dimette per candidarsi?


«Se avessi voluto candidarmi lo avrei fatto quando la Lega mi convocò per chiedermi di essere il candidato presidente della Provincia autonoma di Pordenone. Invece ascoltai, ringraziai e dissi no. Perché a me piace il mio lavoro, amo la libertà che ho sempre avuto di dire quello che penso».


Quali sono i momenti della sua carriera che ricorda con maggior soddisfazione?


«L’intervista al presidente Sandro Pertini a Longarone, in occasione dell’inaugurazione del museo del Vajont, quando facendomi largo riuscii a intercettarlo. E poi quella al capo di Stato maggiore Canino che fu ripresa dalle televisioni e dai quotidiani nazionali. Mi bastò dirgli “Miglio...” (ndr l’ideologo della Lega Nord) e lui disse di tutto. I ricordi sono tanti, molti anche comuni perché io ho sempre cercato di essere la voce delle persone, anche della signora che ha le buche sull’asfalto davanti a casa, perché per lei quello è un problema».


L’abbiamo vista seguire con passione anche casi di cronaca. E’ convinto che Giosuè Ruotolo sia l’assassino dei fidanzati?


«Se una persone mente ripetutamente o ha qualcosa da nascondere o sfida il buon senso. Credo che gli inquirenti abbiano fatto un gran lavoro: se anche l’Appello confermerà la sentenza, Ruotolo dovrà solo dire mea culpa».


E casi del passato?


«L’omicidio di Annalaura Pedron. Penso di essere stato l’unico giornalista entrato nell’appartamento del delitto. E poi conoscevo Minozzi, mi ero occupato della setta...»


In quel caso non abbiamo una verità giudiziaria però.


«Questa è l’Italia: vince sempre l’impunità. Qualche anno fa intervistai un magistrato di chiara fama e, alla domanda “conviene divorziare o uccidere?” mi disse “uccidere”. Non a caso abbiamo un ragazzo che ha ammazzato la fidanzata, ha viaggiato tutta la notte col cadavere a fianco, si è costituito e dopo due mesi è tornato al calduccio ai domiciliari».


Chi vorrebbe intervistare delle personalità di oggi?


Papa Francesco.


E cosa gli chiederebbe?


«Mi piacerebbe capire perché si stia spingendo tanto in là rispetto al sentire comune. E gli chiederei perché ha accettato di diventare papa».


Pensa di aver fatto degli errori in questi anni?


«Sono stato troppo buono in talune occasioni».


Facciamo un gioco: la nominiamo governatore della Regione per un mese: cosa farebbe subito?


«Decreterei l’espulsione immediata di tutti i migranti che non hanno i titoli per rimanere e lo farei assumendomi tutta la responsabilità. Per chi è qui regolare e lavora tanto di cappello. Diciamolo però: non è affatto facile fare il presidente della Regione, meno che meno il sindaco perché paghi tu decisioni prese a Roma o a Trieste».


Non farà il politico, ma cosa avrebbe fatto Di Meo se non fosse diventato giornalista?


«Non ho dubbi, lo stilista. Mi disegno i bracciali (ndr li mostra)». Mai dire mai, Gigi Di Meo, si sa, è imprevedibile.


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