Diecimila friulani nel Paese che ribolle: "Paura e povertà, l’Italia ci ha dimenticati"

Gandin, per cinquant’anni a Caracas: «Lo stipendio medio permette di comprare solo 30 uova». Il Fogolâr furlan della capitale chiuso da due anni per i tumulti: in tanti provano a rientrare  
epa07313332 Venezuelans hold a sign that reads 'Free Venezuela' during a protest called by the Venezuelan community against President Maduro, in Santo Domingo, Dominican Republic, 23 January 2019. Thousands took to the streets in Venezuela as Juan Guaido (C), President of the Venezuelan Parliament, declared himself interim president of Venezuela - a move that was quickly recognised by US President Trump - in fight against President Maduro whose presidency Guaido considers 'illegitimate'. The USA and South American countries have been pressing for Maduro's ouster more strongly in the past weeks, aimed to end his presidency after years of crisis. EPA/Orlando Barria
epa07313332 Venezuelans hold a sign that reads 'Free Venezuela' during a protest called by the Venezuelan community against President Maduro, in Santo Domingo, Dominican Republic, 23 January 2019. Thousands took to the streets in Venezuela as Juan Guaido (C), President of the Venezuelan Parliament, declared himself interim president of Venezuela - a move that was quickly recognised by US President Trump - in fight against President Maduro whose presidency Guaido considers 'illegitimate'. The USA and South American countries have been pressing for Maduro's ouster more strongly in the past weeks, aimed to end his presidency after years of crisis. EPA/Orlando Barria

UDINE. Un Paese allo stremo. Fiaccato da un’economia in picchiata, dall’inflazione che s’impenna, frutto di oltre vent’anni di chavismo. Una parentesi destinata a chiudersi, a 61 anni esatti dalla fuga del dittatore Marcos Pérez Jiménez che sancì la fine del regime, con l’autoproclamazione di Juan Guaidó , da ieri presidente pro tempore del Venezuela.

Di trenta milioni di abitanti, diecimila circa sono friulani. Di terza, spesso di quarta generazione. Discendenti di chi dal Friuli partì alla ricerca di lavoro e stabilità economica all’inizio del Novecento e, soprattutto, nel secondo Dopoguerra. La rotta si è invertita: tanti dei corregionali riparano in Argentina, moltissimi tentato di riallacciare fisicamente il rapporto con la terra d’origine, tentando di tornare nell’amato Friuli.



Come Enzo Gandin, oggi novantenne, che nel 2010 ha deciso di lasciare Caracas e il Fogolâr furlan che aveva fondato nel 1995. «C’è ancora mio fratello in Venezuela: ha 96 anni, lo sento ogni settimana – racconta Gandin –. Nelle scorse settimane gli ho mandato pacchi con viveri, perché altrimenti muoiono di fame, lottano ogni giorno per conquistare il cibo: con lo stipendio medio un venezuelano acquista 30 uova o due galline».

La sostituzione del bolivar venzolano forte con il bolivar soberano - manovra adottata dal governo Chavez per contenere l’iperinflazione - non ha prodotto alcun risultato apprezzabile in termini economici. «La gente muore di fame, ha perso tutto nell’arco di un trentennio – riprende l’ex presidente del Fogolâr di Caracas –. E c’è chi, anche in Italia, non si è sottratto alle passerelle con Chavez, legittimando un governo di oppressori.

Al nostro Paese evidentemente non interessa nulla dei venezuelani italiani e friulani: eppure hanno contribuito, con le rimesse, a rifare grande l’Italia dopo la Seconda guerra mondiale, inviando soldi in patria: per questo veramente non tollero il parallelismo tra chi lascia il Venezuela e chi arriva sui barconi. Mi colpisce, onestamente, la disparità di trattamento con gli italiani argentini, forse più capaci a farsi ascoltare».

Il Fogolâr della capitale venezuelana è chiuso da due anni: Maria Ferrero de Sorci, successore di Gandin alla guida del sodalizio, ha smantellato la sede di Barquisimeto dopo i tumulti scoppiati nell’estate del 2016. «Qua non c’è più nessuno da più di due anni, señor», risponde il portiere del palazzo che ospitava la sede dell’associazione degli emigrati friulani.

Giuseppe Colonnello abita a venti chilometri da Caracas, in una zona montuosa: 65 anni, si è trasferito in Venezuela con i genitori, partiti da Spilimbergo, quando era ancora in fasce: «I soldi non valgono nulla: pochi mesi fa guadagnavamo cento dollari al mese, ora il salario è di 6 dollari, sufficienti appena ad acquistare due chili di carne. Il governo ha tenuto buona la popolazione con donazioni di pacchi di viveri, che ora non arrivano più». Il Paese ribolle, ma al momento la situazione è sotto controllo: «Guaidó ha chiesto di evitare intemperanze: la gente si è comportata con serietà».

All’orizzonte c’è un ritorno in Italia? «Chissà. Ormai la mia vita è qui, ho passato i sessanta. Se la situazione peggiorerà, però, non escludo di rientrare», chiosa Giuseppe. E c’è chi, venezuelano, ha scelto di rifugiarsi in Friuli proprio per fuggire alle persecuzioni chaviste.

Vicente Avallone, ex giornalista radiofonico, riparato a Udine dopo essere stato perseguitato per le sue inchieste sul regime, è in stretto contatto con i suoi connazionali: «In questi anni – racconta Avallone – abbiamo aiutato molti venezuelani a scappare. Ci sono parecchie associazioni friulane impegnate in prima linea: ci coordiniamo per inviare aiuti, derrate alimentari, farmaci, beni di prima necessità che in Venezuela scarseggiano».
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