Direttore demansionato: Net gli paga 300 mila euro

Il giudice del lavoro ha condannato la società a versargli indennità e contributi. Antonio Venchiarutti si era dimesso dal Csr dopo i tagli seguiti alla fusione

UDINE. Di punto in bianco, si era ritrovato con 5.600 euro lordi in meno al mese in busta paga. Con una decurtazione, cioè, pari a due terzi dello stipendio. E allora, capita l’aria che tirava, di lì a qualche mese aveva rassegnato le dimissioni. Ora, a quattro anni di distanza dal suo “divorzio” dalla Net spa, il giudice del lavoro del tribunale di Udine al quale si era rivolto gli ha dato ragione.

Antonio Venchiarutti, ex direttore generale dell’allora Consorzio per il servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani tra i comuni della Bassa friulana, a seguito della sua fusione con la società di gestione udinese, fu «demansionato e privato di una componente della sua retribuzione». E quei soldi devono essergli quindi corrisposti: quasi 300 mila euro, tra indennità, interessi, contributi previdenziali e spese legali.

La conta dei danni

La sentenza, che porta la firma del giudice civile Marina Vitulli, ha dunque accertato sia il diritto del ricorrente all’inquadramento nella categoria dirigenziale, che a un certo punto della carriera gli era stato invece negato, sia il pregiudizio alla sua posizione funzionale, subìto per effetto della fusione, confermando anche la legittimità della risoluzione del rapporto di lavoro.

Da qui, la condanna della Net a pagargli tanto l’indennità sostitutiva del preavviso, calcolata 82.478,49 euro, quanto l’indennità supplementare, nella misura di 68.732,07 euro, oltre a 37.852,53 euro a titolo di arretrati e differenze per indebita riduzione della retribuzione e ai 4.087,34 euro che gli erano stati trattenuti per mancato preavviso. Al totale, vanno aggiunti 14.289 euro di interessi, 70.615 euro di contributi previdenziali e 18.612 euro di spese legali. Per un ammontare pari a 296.666,43 euro. Che diventano 309.422,43 euro, sommando anche le spese di giudizio, pure a carico della società

I contratti e le decurtazioni

Del Csr, Venchiarutti aveva tenuto saldo il timone per anni. Un dirigente di lungo corso, insomma, tanto da restare legato al Consorzio anche dopo il 2007, quando, maturati i requisiti pensionistici, si era dapprima dimesso ed era subito dopo rientrato, questa volta con contratto a termine e, di nuovo, incarico al vertice: qualifica di direttore generale facente funzioni e inquadramento al livello 8° quadro.

La situazione era stata stabilizzata alla fine del 2009, con un ulteriore rapporto di lavoro, ma a tempo pieno e indeterminato. Il cambio di rotta era arrivato il 14 luglio 2011, con la fusione per incorporazione della Csr con Net.

E Venchiarutti se n’era accorto fin dalla prima mensilità: dei circa 8 mila euro lordi che gli erano stati corrisposti fino ad allora per le sue funzioni dirigenziali, non gli avevano lasciato che un terzo. La battaglia legale, scattata all’indomani del «demansionamento» e condotta con l’assistenza dell’avvocato Flavio Mattiuzzo, era approdata già nel febbraio del 2012 nella presentazione della lettera, questa volta l’ultima e definitiva, delle sue dimissioni.

La difesa

Costituitasi con l’avvocato Flaviano De Tina, la Net aveva eccepito innanzitutto la nullità stessa del rapporto di lavoro, visto che dal 2009 era stato assunto a tempo indeterminato senza passare prima attraverso una selezione pubblica. In ogni caso, secondo la società, dopo il 2007 quel rapporto non aveva più avuto natura dirigenziale e la sopressione dell’indennità di «gestione/coordinamento» doveva considerarsi legittima «essendo venute meno le procure e le ipotetiche responsabilità connesse, a seguito del processo d’incorporazione».

I motivi del giudizio

Tutte obiezioni che il giudice ha ritenuto di respingere. A cominciare dalla correttezza del contratto, che è stato dichiarato valido, in quanto stipulato con un consorzio che aveva sempre operato in regime di affidamento diretto in house del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Per continuare con la questione più spinosa dell’inquadramento dirigenziale di Venchiarutti, che il tribunale ha stabilito non essere mai venuto meno, nemmeno dopo il passaggio alla Net.

Determinanti, in tal senso, sono risultate le testimonianze rese da due ex dipendenti chiamati a processo. «Il ricorrente – recita la sentenza – ha sempre svolto le mansioni apicali di direttore generale, con piena autonomia, potere decisionale, autodeterminazione del proprio orario di lavoro e della presenza in ufficio». Qualifica che, «stante la continuità dei compiti e dei poteri esercitati – ha concluso il giudice –, gli compete anche per il lavoro svolto alla Net».

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