Distrutto a Rossosch il cippo degli alpini che ricorda i caduti della seconda guerra

Dopo il Ponte di Nikolajewka colpito il monumento che le penne nere costruirono nella piazza dell’Asilo Sorriso 
Enri Lisetto

Dopo il “Ponte della pace” di Nikolajewka, un altro simbolo degli alpini è stato sfregiato con la Z bianca, stavolta a Rossosch, città russa che fu sede del comando del Corpo d’armata alpino nel 1942: si tratta del cippo che ricorda tutti i caduti nella seconda guerra mondiale.

Era stato collocato dall’Ana davanti all’Asilo Sorriso, dalla popolazione locale chiamato «l’asilo degli italiani»: ospita 180 bambini e fu costruito nel 1993 dai volontari alpini e donato alla città in segno di riconciliazione e fratellanza.

Sul piccolo monumento si trovavano, stilizzati e sovrapposti, un cappello alpino e la stella simbolo dell’Armata russa, mentre la targa recitava: “Da un tragico passato un presente di amicizia per un futuro di fraterna collaborazione”.

L’Ana definisce lo sfregio il frutto di «posizioni nazionalistiche estremiste, ferocemente critiche contro i simboli di pace lasciati dagli alpini» che si sono acuite con l’inizio della guerra, tanto che solo pochi giorni prima anche il Ponte dell’amicizia era stato deturpato con la Z bianca mentre le sagome dei cappelli alpini erano state coperte con una lamiera.

«Amarezza e sconforto sono i sentimenti che provo davanti alle immagini che ci arrivano da Rossosch - ha commentato il presidente Sebastiano Favero –. L’Ana è portatrice di messaggi di conciliazione, solidarietà e convivenza civile, che manifesta sempre attraverso interventi concreti, fedele al suo credo di onorare i morti aiutando i vivi. Purtroppo la storia fatica ad essere maestra e questo è triste».

«Alcuni estremisti hanno distrutto il monumento, ma anche una parte di loro, visto che raffigurava il cappello alpino e la stella rossa», dice il presidente della sezione Ana di Udine Dante Soravito de Franceschi. «Un gesto deprecabile da parte di alcuni ignoranti, perché la gente del posto ci ha voluto e ci vuole bene, aveva lavorato con noi per costruire l’asilo e il monumento».

L’ex presidente della sezione Giovanni Gasparet ricorda che «gli alpini di Pordenone parteciparono ai lavori sin dal primo turno». L’ultima visita risale al 2013 quando «già si respirava il “peso” dello Stato su una popolazione che ci ha voluto bene. Purtroppo tra coloro che si sono irrigiditi – conclude Gasparet – ci sono alcuni che portammo in Italia a frequentare corsi di qualificazione professionale e questo dispiace». 


 

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