Domani in Duomo il funerale di Damiani Il fratello Licio: «Uomo generoso e gioioso»

«Ripensarlo nella terapia intensiva senza la possibilità di vederlo, di stringergli la mano, di accarezzarlo, mi angoscia» 

il lutto

Saranno celebrati domani, alle 15.30, in Duomo i funerali di Gabriele Damiani, l’avvocato con la passione per la politica morto al Santa Maria della Misericordia a causa del Covid-19. Aveva 80 anni. Assessore nelle giunte di Angelo Candolini e Piergiorgio Bressani, è stato esponente di spicco della Dc udinese prima, dell’Udc poi. Nel corso della sua vita ha ricoperto incarichi manageriali in Amga, nel Consorzio Aussa Corno e nell’Usl di San Daniele. Chi ha avuto modo di conoscerlo e di lavorare con lui, lo descrive come una persona preparata e appassionata, che ha sempre messo il bene pubblico davanti a tutto. Qui di seguito il ricordo del fratello Licio.

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L’ultima volta in cui ho visto mio fratello Gabriele, poco più di un mese fa, era una sera tiepida. Avevamo incontrato lui e la moglie Mary in via Vittorio Veneto. Era come sempre gioioso e pieno d’energia, anche se, diversamente dal solito, lo velava come una punta malinconica.

La notizia, della sua scomparsa mi è sembrata assurda. È vero che da una decina di giorni era ricoverato in terapia intensiva per questo maledetto Covid, ma mi sorreggeva la grande speranza in una ripresa, pur se ogni sera mio nipote, l’avvocato Giorgio, mi dava brutte notizie sull’andamento del male.

Scorrono come in un vecchio film i fotogrammi della nostra vita assieme. Le feste di Natale passate in famiglia nella sua casa, tappezzata dalle foto dei figli e dei personaggi con i quali era in contatto per la sua militanza politica nella Dc. Gli piaceva riempire le stanze di fiori e di ricordi personali, oltre che di foto. Si respirava un’atmosfera calda d’amore. I viaggi a Lussinpiccolo a ritrovare le nostre radici perdute. E le domeniche allo stadio con i nostri figli, allora piccoli, quando giocava l’Udinese. Lui dismetteva il riserbo di avvocato e di politico e impazzava a volte con alte grida alle fasi del gioco.

Era una persona aperta, cordiale. D’inverno andavamo assieme per una settimana di vacanza sui campi innevati di Sella Nevea, la cui strada era per me un tormento; un mattino mi ero bloccato sulla neve e lui si sganasciava dalle risate prima di aiutarmi a uscire da quell’impaccio. Era generoso. A dire la verità, anche in altre situazioni per me difficili mi è sempre stato di grande sostegno. Oltre a essermi fratello è stato un padre più giovane.

Si è già data notizia dei suoi incarichi politici ai quali ha sempre adempiuto con equilibrio e rispetto per posizioni anche diverse dalle sue. Ma voglio ricordare l’impegno, direi la passione, prodigata all’Enalc, dove è stato direttore negli anni Settanta della scuola Alberghiera professionale di Udine. Diverse volte, camminando assieme a lui, ho visto persone ormai mature avvicinarlo con riconoscenza per ringraziarlo dell’impegno messo per la loro crescita professionale.

Ora si è aperto un grande vuoto. Ripensarlo nella terapia intensiva senza la possibilità di vederlo, di stringergli la mano, di accarezzarne il volto, mi angoscia. Quattro mesi fa, a Pesaro, ho perso, sempre per il Covid, mio cugino che amava il mare, la vela e le regate. Ora ho perduto l’ultimo ceppo che rimaneva della nostra vecchia famiglia lussignana trapiantata a Udine e innamorata del Friuli. –

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