Domani non è una parola, domani è la speranza. Quei versi di Zanier e la poesia di Avostanis

La rassegna è cresciuta in un piccolo cosmo animato da una comunità vivace e autenticamente creativa nel cuore dei Friuli.

doman...

no è una peraula

doman a è la sperança

o vin che jê

doprìnla fasìnla devetâ

mans vôi e rabia

e i vinçarin la poura

Domani non è una parola, domani è la speranza. I versi del poeta Leonardo Zanier,  sono stati scelti a riassumere il senso della ventinovesima edizione di Avostanis, progettata da quel coltivatore di sogni, che è Federico Rossi, direttore artistico di una rassegna seminata e cresciuta in un piccolo cosmo animato da una comunità vivace e autenticamente creativa nel cuore dei Friuli.

Un’edizione nuova che riparte dalle parole, quelle di un uomo che abbiamo visto per la prima volta solo, in una San Pietro deserta, battuta dalla pioggia, nei giorni più cupi della Pandemia Parole già anticipate,  da una drammatica enciclica datata 2015, in cui la voce del Santo Padre si univa a quelle degli scienziati, dei climatologi, dei rivoluzionari, dei credenti, degli artisti e di molti altri.

“Laudato si’, lettura scenica dell’Enciclica di Pape Francesc”, con parti tradotte in friulano da Gotart Mitri e Federico Rossi, ha aperto la prima di otto serate con  i versi del “Cantico delle creature” del Santo di Assisi, Francesco, ed è proseguita con la lettura di alcune parti di una complessa riflessione insieme gioiosa e drammatica, sulla nostra casa comune, la terra con il suo Creato. Agli attori Massimo Somaglino, Aida Talliente, Patrik Platolino e al violoncellista Riccardo Pes il compito non facile ma riuscito, di portare sulla scena parole non teatrali che sono un richiamo forte a “coltivare e custodire” così come è scritto nella Genesi.

Si può progredire costantemente in termini di sviluppo sostenibile, ovvero di inclusione sociale, creazione di occupazione, qualità del paesaggio, agricoltura di prossimità, lotta allo spopolamento, salvaguardia e miglioramento del patrimonio ambientale e naturalistico, valorizzazione culturale. E per renderlo possibile occorre che gli uomini e le donne, ospiti di questo Pianeta, rispondano innanzi tutto alle domande poste da Francesco il Pape, poste a voce alta, in un’aia contadina, sintesi e simbolo della cultura friulana, in una serata d’agosto ai Colonos.

“Ce sorte di mont vino di trasmeti a chei ch’a vignaran dopo di no, ai fruts ch’a son daur a cressi? Per quale motivo passiamo in questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Con quale intendimento lavoriamo e lottiamo? Per quale motivo questa terra ha bisogno di noi? Domande, per chi crede che le parole, una volta pronunciate mettano al mondo le cose, rivolte a chi crede davvero che “In principio fu il verbo”. Domande a chi sa che Papa Francesco non dice cose mai sentite prima ma spera che se quelle cose le dice lui,finalmente chi deve ascoltare, ascolterà.

 

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