Dondero: in quello scatto la vera morte del miliziano Video - Foto


UDINE. La fotografia del miliziano colpito a morte nel 1936 nei pressi di Cordoba in Spagna è senz’altro la piú nota fra quelle di Robert Capa perché, dopo la sua pubblicazione nei giornali illustrati del tempo, in particolare sullo statunitense “Life”, è divenuta il simbolo della Guerra civile spagnola.

miliziano

È anche grazie a questa immagine che il sanguinoso conflitto che causò 500 mila vittime, in maggioranza civili, e l’esilio di 200 mila spagnoli viene ricordato, nonostante l’oblío in cui era stato fatto cadere nel corso della lunga dittatura franchista. Quella del miliziano morente, assieme alle migliaia di fotografie scattate da Robert Capa, dalla sua compagna Gerda Taro, dal suo amico David Seymour detto Chim e da tanti fotoreporter che seguivano gli eventi dalla parte del Governo repubblicano e Belle brigate internazionali giunte in suo soccorso sono per noi “la guerra civile spagnola” che è rimasta nella memoria collettiva per le immagini dei vinti e non per quelle dei vincitori. Negli ultimi decenni, però, questa icona del Novecento è stata messa piú volte in discussione.

Da piú parti si dubita della sua veridicità e si è alimentato, recentemente anche in Internet, un intenso dibattito. I visitatori della mostra di villa Manin quando si trovano davanti alla fotografia del miliziano si chiedono: “È una messa in scena”?

Sabato alle 17.30, a Passariano, ne parlerà il fotogorafo Mario Dondero, artista che non ha bisogno di presentazioni.«Affronterei la querelle del miliziano cominciando da un nuovo documento che considero decisivo. Per celebrare il centesimo compleanno della nascita di Capa, l’International Center of Photography (Icp) di New York ha condiviso nel suo sito la registrazione, recentemente ritrovata, dell’unica intervista radiofonica a tutt’oggi nota di Robert Capa, andata in onda il 20 Ottobre 1947 in un programma del mattino chiamato Hi! Jinx. Fra gli altri argomenti Capa parla anche della fotografia del miliziano.

Queste le sue parole: “Mi trovavo là, in trincea, con circa 20 milicianos e quei 20 milicianos avevano 20 vecchi fucili e dall’altra parte della collina, di fronte a noi, c’era la mitragliatrice di Franco. I miei milicianos sparavano nella direzione della mitragliatrice per cinque minuti, poi si fermavano e dicevano: ‘Vàmonos’, e uscivano da quella trincea e iniziavano ad attaccare la mitragliatrice …

La cosa si ripeté circa tre o quattro volte. Cosí alla quarta volta ho come messo la mia macchina fotografica sopra la testa pur non vedendo e ho scattato quella fotografia mentre uscivano dalla trincea. Non vidi mai le mie fotografia là, ma le inviai (a Parigi ndr.) con molte altre immagini che avevo fatto in Spagna. Mi fermai in Spagna tre mesi e quando tornai ero un fotografo molto famoso perché la macchina fotografica che avevo sopra la mia testa ritrasse un uomo nel momento esatto in cui venne colpito… Probabilmente quella è la miglior fotografia che abbia mai fatto. Non ho mai visto quell’immagine nel mirino, perché la macchina fotografica era lontana, sopra la mia testa”».

robert capa

Questa la verità di Capa. Una fotografia nata per caso, dall’interno di una trincea, senza che l’autore potesse capire che dentro l’inquadratura sarebbe finito un giovane combattente che stava cadendo, colpito dal fuoco della mitragliatrice. Un giovane che per sessant’anni rimane senza nome, fino a quando viene identificato dai suoi parenti di Alcoy come Federico Borrell Garcia.

«Nel 2006 - racconta ancora Dondero – per il numero speciale di Diario (la rivista diretta da Enrico Deaglio), intitolato Volver, ho realizzato un reportage a Cerro Muriano, il luogo della battaglia, e ad Alcoy, dove viveva il miliziano. Ho ripercorso l’itinerario descritto nel libro The Spanish Cockpit da Franz Borkenau, il sociologo austriaco che viaggiò con Capa. Ho incontrato il professor Ricardo Baño, il primo a cui è venuto in mente di legare la fotografia di Capa alla columna anarquica di Alcoy. Mario Brotons Jorda, anche lui presente a Cerro Muriano, quattordicenne, il giorno della battaglia, conferma nel suo libro del 1996 Retazos de una época de inquietudes che la giberna indossata dal miliziano era una di quelle fabbricate da un artigiano di Alcoy in esclusiva per i miliziani locali. In seguito la fotografia, fino ad allora sconosciuta, grazie a Ricardo Baño e a Mario Brotons Jorda viene fatta vedere nelle famiglie. È cosí che i parenti riconoscono Federico Borrell Garcia, Taino, ucciso sulla collina de Las Malagueñas, a Cerro Muriano, il 5 settembre del 1936».

Mario Dondero è uno studioso serio e degno di fede, ma sarà bene riassumere le motivazioni dei negazionisti che numerosi si sono succeduti, a partire dal fotografo O’ Down Gallagher che, in realtà, basa le sue affermazioni su una presunta confidenza di Capa che avrebbe confessato di aver messo in posa il miliziano. Nel 2007 José Maria Susperregui ha affermato con altri, sulla base di recenti sopralluoghi, che il luogo della ripresa sarebbe stato Espejo e non Cerro Muriano. Nello stesso anno i registi Hugo Doménech e Raul Riebenbauer realizzando il loro documentario La sombra del iceberg, hanno trovato su un numero pubblicato nel 1937 del giornale anarchico Ruta confederal una notizia su Federico Borrell Garcia che sarebbe morto in una situazione affatto diversa da quella ripresa da Capa.

Ci sono poi eminenti giornalisti come Sergio Romano e Paolo Mieli che propendono per la “falsità” dell’immagine perché quando è stata pubblicata per la prima volta in Francia dalla rivista Vu era accompagnata dalla fotografia di un altro miliziano caduto, scattata a breve distanza di tempo e quindi nella seconda si sarebbe dovuto vedere il primo cadavere. Mario Dondero ci soccorre: «Mi sembra che la testimonianza diretta dei familiari sia da sola un elemento incontrovertibile.

Le posizioni negazioniste sono basate sulle illazioni di persone che parlano astrattamente senza conoscere in genere da vicino la realtà dei fatti accaduti in Spagna. Guardando altre fotografie di Capa che precedono quella “incriminata” si distinguono nettamente Federico Borrel Garcia con la camicia bianca e l’altro miliziano vestito di scuro che nella sequenza partecipa all’assalto con lui».

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