Dopo quarant'anni spunta un'altra vittima del terremoto del Friuli

La storia del ferroviere morto e sparito dagli elenchi. l capotreno è deceduto a Paderno davanti al bar “Da Violin”. Il trauma alla testa non gli lasciò scampo. Lo Stato risarcì i parenti

Il suo nome non appare in alcun elenco delle vittime del terremoto eppure il capotreno, Pietro Puppo, deceduto il 9 maggio 1976 all’ospedale Santa Maria della Misericordia, è a tutti gli effetti un morto del terremoto. Lo conferma la ricevuta di pagamento del contributo di solidarietà, pari a un milione di vecchie lire, che lo Stato ha riconosciuto alle vittime del sisma.

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Alle figlie di Puppo la somma è stata accreditata il 27 settembre 1977. Quarant’anni dopo, a poche settimane dalle cerimonie di commemorazione, Franca e Doretta Puppo chiedono giustizia. Vogliono aggiungere il nome del padre nel memoriale di quel tragico evento. Finora nessuno l’ha fatto perché il decesso di Puppo avvenuto a Udine non è mai stato associato al sisma del 1976.

Nato a Martignacco nel 1915, Puppo nel 1976 aveva 60 anni. Abitava in via Tavagnacco e quasi ogni sera incontrava gli amici al bar Violin, in via Torino, a Paderno. «Lo fece anche la sera del 6 maggio - racconta il genero, Giovanni Ciotti -, la scossa lo sorprese in auto e lui non rientrò più a casa».

La storia è ancora più triste se si pensa che Puppo era già sulla strada di casa, se non fosse stato per un amico avrebbe evitato la piastra che lo uccise. Invece un destino tragico non gli lasciò scampo e Puppo morì come mille altre persone nella zona terremotata. Ecco perché i parenti rendono noti i dettagli di una scomparsa che non è mai stata presa in considerazione come merita.

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Puppo, come faceva tutte le sere prima di cena, entrò Al Violin, scambiò quattro chiacchiere con gli amici e intorno alle 20.30 uscì. Era atteso dalla figlia Franca nella sua casa di via Tavagnacco. Salì in auto, una Prinz che, come tutte le sere, aveva parcheggiato di fronte al bar, vicino al campo sportivo. Partì e si diresse verso l’impianto per poi ripassare davanti al locale dove era appena arrivato un altro amico che gli fece cenno di fermarsi. Puppo raccolse l’invito e parcheggiò a fianco del marciapiede ignaro che da lì a poco si sarebbe scatenato l’inferno.

Il pensionato rientrò con l’amico al bar e si intrattenne qualche minuto. Più o meno alle 21 risalì in auto dove lo sorprese l’Orcolat. «Stava accendendo il motore - racconta Ciotti - abbiamo trovato la chiave al suo posto». Difficile dire se Puppo si rese conto di quanto stava accadendo.

Gli edifici oscillarono e da una canna fumaria si staccò una piastra che cadde sul tetto della Prinz. Il cristallo anteriore andò in mille pezzi e la lastra ferì Puppo alla testa. Intervennero subito i soccorritori ai quali non sfuggì la gravità della situazione. Fecero il possibile, seguì la corsa in ospedale dove Pietro fu intubato e sottopposto a un delicatissimo intervento chirurgico alla testa. Il ferroviere fu subito “classificato” come un ferito del terremoto: «Al polso - assicura Ciotti - aveva la fascetta con il numero tre».

A nulla valsero le cure dei sanitari che quella notte si trovarono di fronte a scene che mai avrebbero voluto vedere. Dopo l’intervento chirurgico, Puppo non si riprese come auspicavano i medici. Il suo cuore smise di battere il 9 maggio 1976. Il ferroviere in pensione avrebbe compiuto 61 anni a ottobre.

«Non c’è alcun dubbio, mio suocero è una vittima del terremoto. Lo conferma il fatto che le figlie hanno ricevuto il contributo di solidarietà che lo Stato pagava ai parenti dei morti» insiste Ciotti esibendo la ricevuta rosa firmata dal prefetto.

La cifra indicata ammonta a un milione di vecchie lire. «Quella somma - conclude Ciotti - è stata devoluta dalle sorelle Puppo a un cugino residente a Ceresetto di Martignacco al quale la scossa del 6 maggio aveva danneggiato la casa». È stato un modo per andare incontro a un’esigenza che il padre, se fosse stato ancora in vita, avrebbe sicuramente condiviso perché Puppo era anche un altruista.

A questo punto non ci sono più dubbi, ai 989 nomi dei morti, censiti per comune di residenza, va aggiunto anche quello di Pietro Puppo, di Udine. È un modo per rendere giustizia al ferroviere in pensione che per uno strano scherzo del destino, il 6 maggio 1976, incrociò sul suo cammino la forza distruttrice del terremoto. La sua morte avvenne casualmente e anche per questo motivo, all’anagrafe Pietro Puppo non è mai stato considerato una vittima del terremoto.

A 40 anni di distanza da quella tragica sera i familiari hanno ritenuto di rendere pubblica la loro storia per evitare che restasse nota a pochi e che nel tempo finisse nel dimenticatoio.

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