E’ morto lo stilista Ottavio Missoni FOTO

MILANO. Lo stilista Ottavio Missoni è morto nella sua casa di Sumirago nel Varesotto. Lo ha reso noto la famiglia. Aveva 92 anni.
Lo stilista nei giorni scorsi era stato ricoverato per uno scompenso cardiaco e poi dimesso il primo maggio scorso.
La storia di Missoni è emblematica di un certo modo tutto italiano di essere imprenditore.
Nato nel 1921 a Ragusa (ora Dubrovnik), Ottavio crebbe a Zara. Si considerava triestino d’adozione, ma si sente dalmata e diceva: «Noi della costa non siamo né danubiani né balcanici, e se qualcuno oggi la chiama Croazia del Sud io insisto a dire che è Dalmazia».
I ricordi erano quelli di un esule: «L’ultimo Natale a Zara fu quello del 1941, poi andai militare. Quando ci furono i bombardamenti anglo-americani, io ero prigioniero in Egitto, mio padre e mio fratello erano imbarcati. A casa era rimasta mia madre che, ai primi del 1944, fuggì da sola a Trieste lasciando tutto, ma portandosi via il pianoforte, che ancora abbiamo».
Dai 16 ai 32 anni, ma con la parentesi della prigionia, Ottavio fu campione di atletica, nei 400 metri piani e a ostacoli: ha vestito 23 volte la maglia azzurra, ha conquistato 8 titoli italiani, l’oro ai mondiali studenteschi nel 1939.
Quando riprese le competizioni, arrivò sesto alle Olimpiadi del 1948 e quarto agli europei del 1950. Ma a quel punto, conosciuta Rosita, già conduceva una piccola produzione di indumenti sportivi, il nucleo di quell’attività che li porterà sulle vette della moda.
Agli esordi, la coppia formata da Tai e da Rosita, figlia di imprenditori tessili lombardi, aprì un laboratorio a Gallarate. Il salto avvenne nel 1958, quando la Rinascente commissionò ai Missoni 500 abiti a righe.
«Tentavamo di lavorare sul colore ma, con le macchine che avevamo allora, era difficile», ricordava Tai (Balthus lo definì «maestro del colore»). Nel 1969 costruirono lo stabilimento e la casa di Sumirago, nel Varesotto, dove ancora adesso la famiglia vive e lavora, perché i Missoni si considerano artigiani.
Ora a guidare l’azienda sono i figli Angela, Vittorio e Luca e il colore è nel loro Dna. In famiglia raccontano di quando Diana Vreeland, potente direttore di Vogue America, vide la collezione e urlò: «Ma allora il colore esiste!» e poi li invitò negli Usa a farsi conoscere.
Lo stilista tornava spesso in Friuli e non mancava mai al premio Nonino.
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