E Sgarbi indica la via: modello Friuli da imitare

PALMANOVA. C’è un Modello Friuli da esportare. Vittorio Sgarbi, critico e storico d’arte, lo testimonia. La sua lectio magistralis “Perché l’Italia non vive d’arte”, strappa applausi e sorrisi amari. Sgarbi racconta il Friuli che ha saputo ricostruirsi dopo il terremoto, sfruttando il giusto modello di ricostruzione. Cita Pier Paolo Pasolini e Leo Longanesi, l’ex sottosegretario ai Beni culturali. E assicura d’essere ottimista sul futuro di Palmanova, anche grazie all’asse tra Debora Serracchiani, presidente della Regione e numero due del Pd nazionale, e Matteo Renzi, premier e leader dei democratici.
«In Italia ci sono 25 milioni di edifici dei quali 12 milioni sono stati realizzati tra il 700 Avanti Cristo e il 1959. Dal 1959 a oggi – dice il professore – ne sono stati costruiti 13 milioni. In Italia c’è stata più edilizia selvaggia in 50 anni che in tremila. È stata cementificata l’Italia e le città più belle sono state trasformate in periferie immonde, perché con cupidigia si è costruito per speculare. Le cose belle sono state lasciate in abbandono e l’abbandono è una colpa grave come visione sbagliata dell’indirizzo del mondo. In Friuli c’è stata una grande tradizione di edilizia popolare, ma poi è venuto il terremoto e nella tragedia dei morti è stata una manna dal cielo per l’edilizia, perché ha imposto un metodo di costruzione che ha avuto uno sviluppo importante. E il Modello friulano è giusto. Gemona e Venzone sono esempi di una ricostruzione modello». La lezione di Sgarbi è al fulmicotone. Ripete il suo orrore per opere come il ponte di Calatrava a Venezia o le rotatorie. «Che senso hanno le rotatorie? A che cosa servono? Pesaro e Urbino sono distanti 35 chilometri e 28 rotatorie. L’Italia è piena di opere inutili autorizzate da sindaci e amministratori, fatte per spendere soldi che c’erano. E invece di darli a Palmanova li hanno dati per fare ponti e rotatorie. La spesa pubblica è un crimine, è la testimonianza di zucche vuote. L’Italia è devastata da ignoranti come capre che poi non hanno i soldi per Palmanova», grida il critico d’arte che scalda la platea. Critica i Governi per aver abolito i ministeri del Turismo e dell’Agricoltura. Richiama la filosofia di slow food come opposizione al fast food, dove “slow” diventa elemento formativo, per far capire che i prodotti locali devono essere salvaguardati perché portatori di un’identità straordinaria. E poi nel percorso disegnato dal critico d’arte c’è Matera, capitale europea della cultura 2019. «Matera pensa a costruire il suo destino sul proprio passato. Come Palmanova. Un onore dell’Italia dovrebbe essere innalzare Palmanova. In Friuli avete Serracchiani, che ha una funzione importante – sostiene Sgarbi –, una delle persone più vicine al premier e a lui potrà spiegare che non lo diciamo per noi, ma per voi, perché a voi darà onore riscattare Palmanova e salvare quest’identità urbanistica, contro le opere come Calatrava, un orrore fatto con i soldi pubblici».
Sgarbi racconta le idee simili di Longanesi e Pasolini, ricorda che il poeta si dedicò alla necessità di salvare una piccola strada vicina a Orte, senza riuscirci, perché divenuta un’autostrada. E ripercorre la dura considerazione di Longanesi secondo il quale la povertà ha impedito di rovinare e ha portato a salvare valori. Furono profetici Pasolini e Longanesi. «E allora – dice Sgarbi – prima che diventi come Pristina, facciamola diventare la bella e ideale città che è. Perché la bellezza ti aiuta, ti soccorre, ti accompagna. Villa Manin è un paradigma, Villa Manin è diventata una macchina formidabile per fare mostre, perché c’è stato il coraggio di recuperarla. Ognuno si assuma la responsabilità di quello che è anche suo. L’economia artigianale del Friuli è stata sommersa, ma va riaccesa e vanno recuperate le tradizioni. So che sarà difficile, ma sono ottimista. Vedo per Palmanova uno sbocco reale», chiude Sgarbi. E giù applausi.
annabuttazzoni
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