È stato il primo cittadino delle grandi sfide
di MARIO BLASONI
Io sono del ’19, come Andreotti e Cadetto, diceva il giornalista ed ex partigiano Giorgio Zardi, già sindaco di San Daniele, legato da una buona amicizia con entrambi. Zardi ci ha lasciati nel 2007, seguito 5 anni dopo, nel 2012, dal Divo Giulio. E adesso, l’altra mattina, se n’è andato anche l’ultimo componente dello storico trio di ultranovantenni, il professor Bruno Cadetto, il sindaco di Udine "delle grandi sfide".
Originario di Canussio di Varmo, Cadetto - che aveva 96 anni - è stato il più longevo sia come sindaco (dal 1960 al 1975) sia poi come pensionato lanciato verso il secolo. Dopo palazzo D’Aronco, ha guidato per diversi anni la società Filologica friulana, ma non solo: per i suoi meriti, è stato richiamato simbolicamente per figurare, nella famosa foto inaugurale del 10 ottobre 1997, dei sei sindaci che hanno contribuito a costruire il tanto sospirato Teatro Nuovo. Cadetto era quello che aveva cominciato, seguito da Candolini (l’unico prematuramente mancato), Bressani, Mussato, Zanfagnini e Barazza. Totale è invece il merito di Cadetto per altre " sfide", più o meno grandi: dal Teatro (con piscina) del Palamostre al monumento alla Resistenza . Per non parlare delle opere sportive: il Palasport Carnera e il nuovo Stadio Friuli. Un cenno lo merita anche la grande, insuperata mostra del Tiepolo nel 1971 a |Villa Manin.
Di tutte queste realizzazioni la più significativa, per Cadetto era il Monumento di piazzale 26 Luglio, con il verde e le acque: un’immagine-monito contro le guerre . Ricordando le polemiche che avevano preceduto l’ opera, l’ ex sindaco ripeteva spesso che «passeggiare attorno al Monumento mi rende più disteso e sereno».
Gli annali diranno che Cadetto è stato un buon sindaco, anche se non ne aveva avuto la "vocazione". Il professore, che insegnava al Malignani, fu messo in lista dalla Dc come un semplice " portatore d’ acque" o poco più. Indiscutibile capolista era il sindaco uscente Centazzo, che durante la campagna elettorale morì per un infarto durante un discorso di saluto in stazione al ministro dei Trasporti, Spataro. La lista ormai non si poteva più correggere, così i democristiani puntarono su un sindaco outsider. Nacque così l’era Cadetto.
Tra le questioni più scabrose affrontate dal professore ci fu quella dell’ Università autonoma e dei rapporti con i triestini, che lo spinsero più di una volta a minacciare di dimettersi. Nel 1993, quando la facoltà di Lingue ha festeggiato i 25 anni questo giornale ha scritto: «Cadetto, sindaco di Udine dal 1960 al ’75 e primo presidente del Consorzio per l’Università, è stato un autentico protagonista – nelle incertezze, nelle delusioni, ma soprattutto nelle coraggiose sfide alle miopi politiche di Roma e di Trieste – delle vicende che hanno aperto la strada all’Ateneo autonomo del Friuli». Poi, nel febbraio ’75, Cadetto passò la mano a Candolini, capogruppo Dc in consiglio comunale, che, a dire dello stesso Cadetto «scalpitava». Lui, dopo il terremoto, ha avviato l’Universtà e ha inaugurato lo stadio Friuli, ma per il nuovo Teatro ci sono voluti... altri 12 anni e quattro sindaci!
Negli ultimi tempi, dopo la scomparsa della moglie, l’ex insegnante Lina Palmerini, Cadetto faceva vita molto ritirata, in compagnia del figlio Fabio, professore di pianoforte, e delle due nuore, Anna, medico, e Luciana, già sindaco di Pagnacco. Faceva qualche passeggiata, ma da molto aveva rinunciato alle partite a bocce, sua grande passione. Il decano degli ex sindaci di Udine, infine, aveva un altro record di longevità: era l’unico superstite del Comitato di liberazione nazionale della Provincia di Udine. Vi era stato designato, come segretario, nel 1944-’45, ancora studente, accanto a personaggi come Giovanni Cosattini, Agostino Candolini, Giacomo Filaferro e Aldo Cuttini, l’ esponente comunista mancato per ultimo non molti anni fa.
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