È una moda “verde” l’orto di famiglia in Fvg

Secondo l’Irtef di Udine, i produttori non professionali sono oltre 264 mila. E possono crescere ancora: al via una ricerca per far lievitare i 1.400 ettari

UDINE. Piccolo è bello. E salutare. Specie se riferito a un orto di famiglia. Tanto che l’hanno capito perfettamente anche in Fvg dove, di queste mini-coltivazioni, ci sono qualcosa come 1.400 ettari: un vero e proprio boom. Ma è una “risorsa” che può lievitare ancora perché è sulla rampa di lancio un progetto che si propone di potenziare ulteriormente questo affascinante e pure rilassante settore.

Si chiama Programma pluriennale di ricerca integrata per conoscere e valorizzare l’orticoltura non professionale del Friuli Venezia Giulia. L’ha messo a punto l’Istituto per la ricerca sulle tecniche educative e formative, di Udine, con la regìa di Sergio Simeoni e Antonella Dell’Angela, e la collaborazione dell’Ersa, l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale Fvg: punto di riferimento Costantino Cattivello con la supervisione del direttore generale Paolo Stefanelli. Ne parliamo, opportunamente, alla vigilia di “Ortogiardino” che si aprirà sabato prossimo alla Fiera di Pordenone.

Un grande patrimonio

Si ritiene, dunque, che la superficie coltivata dagli ortolani, chiamiamoli pure “amatoriali” (e cioè professionisti, diplomati o laureati, pensionati e comunque non agricoltori), sia appunto 1.400 ettari secondo un’indagine Irtef compiuta nel 2010. «Un patrimonio non da poco - osserva il dottor Simeoni - se consideriamo che non vi sono compresi gli orti annessi alle aziende agricole, per cui il valore può ritenersi largamente sottostimato. Un patrimonio, inoltre, che in sè raccoglie diversi significati: dalla valorizzazione del paesaggio, come prevedono le norme europee per la tutela delle aree periurbane, alla produzione di beni alimentari che entrano nella dieta della persona per almeno quattro-cinque mesi l’anno. Una opportunità che, più che una fonte di risparmio, esprime tradizione, stile di vita, piacere di stare all’aria aperta a due passi da casa e nel contempo la possibilità di produrre qualcosa di utile».

Le famiglie conduttrici

Secondo lo studio citato, le famiglie che in Fvg coltivano orti non professionali sono la bellezza di 264.400, di cui quelle che si occupano solo di varietà erbacee e arboree sono 193.000, mentre quelle che coltivano e allevano anche animali da cortile (polli, galline, oche, conigli...) sono 71.400. Ma chi sono gli “attori”? Donna il 54%, maschio 46; laurea e simile 17%, diploma 29, altre qualifiche professionali 38%. E l’età? Secondo ancora la rilevazione dell’Irtef, 18-34 anni, 19%; 35-54, 31%; 55-64, 22%; 65 e più 28%.

Il business

Si stima che la spesa media annuale delle famiglie Fvg interessate dalla orticoltura non professionale sia compresa tra 23 e 25 milioni di euro per l’acquisto di sementi e piantine da trapianto per ciclo primavera-estate; sia prossima a 7 milioni per l’acquisto di piccoli attrezzi da lavoro e materiale da consumo per attività non professionali legate proprio a queste attività; altri 2 milioni per l’acquisto di fertilizzanti e prodotti fitosanitari. L’Irtef segnala altresì che, secondo fonti Ersa, la produzione nelle aziende vivaistiche Fvg di piante destinate appunto prevalentemente agli orti amatoriali di questa e di altre regioni è compresa annualmente tra 50-55 milioni di unità, per un «corrispondente valore commerciale stimato, con prudenza, tra 70-80 milioni di euro/anno». E non è poco...

Il consumo di acqua

Per coltivare quei 1.400 ettari di orti di cui si diceva, si stimano consumi annuali di acqua prossimi ai 600 mila metri cubi. «Obiettivo del progetto che coinvolge anche il Consorzio per l’acquedotto del Friuli Centrale - riprende Simeoni - è arrivare a una razionale gestione di questa risorsa, puntando anche a un maggiore utilizzo di quella piovana, soprattutto di quella che potrebbe essere raccolta nelle tante case sparse. Dobbiamo educare la gente a recuperarla, anche perché è ottimale per l’irrigare l’orto».

La formazione

Ma l’Irtef punta anche a una maggior informazione dell’ortolano non professionale, «affinché con competenza sappia coltivare, trasformare, stagionare, conservare i prodotti per ottenere alimenti sicuri». «Inoltre - conclude il direttore dell’Irtef -, bisogna giungere a una migliore gestione delle eccedenze, con un occhio attento a ciò che si produce, si regala e si butta via. È importante poi capire meglio come vanno usati i fitofarmaci per avere la garanzia di produrre alimenti di accertata salubrità».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto