Ecco chi era Elisabetta Imelio, la cantante morta a 44 anni: la carriera e gli anni del successo

PORDENONE. “Festeggeremo la fine della chemio fianco a fianco su quel palco”. Con queste parole, scritte da Gian Maria Accusani, si apriva “La fine della chemio”, brano incluso in “Un giorno nuovo”, penultimo album dei Sick Tamburo uscito nel 2017 e manifesto della lotta che Elisabetta Imelio, bassista della band, aveva combattuto contro un tumore al seno.
Quelle parole oggi, all’indomani della sua prematura e dolorosa scomparsa, risuonano tristi e malinconiche, proprio quanto può essere il ritorno della pioggia in una domenica di fine inverno.
Elisabetta è stata protagonista della musica pordenonese già a partire dai primi anni 90, quando la città viveva una stagione di rinascita caratterizzata dal fiorire di iniziative, nuovi artisti e spazi dedicati, un’epoca che oggi, in mezzo alle mille difficoltà che sta attraversando il Paese, appare lontanissima.
Elisabetta, a modo suo, è stata una protagonista di quella stagione, una presenza senza essere icona, un’immagine che da oggi molti andranno a ripescare nella memoria per ricordare quegli anni, in modo semplice e immediato, come era la musica che suonava. Con Gian Maria Accusani (già parte dei Futuritmi insieme con Davide Toffolo alla fine degli anni 80) ed Eva Poles era stata parte dei Prozac+, trio di fuoco che era piombato come una bomba punk sulla scena musicale italiana nel 1998, con il tormentone “Acido acida”. Il progetto era nato già nel 1995 e aveva visto il suo esordio sul mercato discografico con la pubblicazione dell’Ep “Testa plastica” nel 1996.
Un successo di pubblico incredibile che in città in molti ricordano, ancora oggi, con le serate sold out al Planetarium (l’ingresso al locale da via Udine era quasi impossbile dopo una certa ora) e al Cerit. Due anni vissuti da protagonista, dal 1998 al 2000, assieme ai compagni Gian Maria ed Eva, tra concerti, interviste, viaggi e collaborazioni. I Prozac+ pubblicheranno altri tre album, “3Prozac+” del 2000, “Miodio” del 2002 e “Gioia nera” del 2004, per poi sciogliersi nel 2007.
Il 2009 è l’anno dei Sick Tamburo, il nuovo progetto musicale, sempre al fianco di Gian Maria, imperniato ancora intorno a quelle venature di punk imprevedibili e nervose che vanno e vengono come certe nubi di primavera. Dopo l’esordio omonimo, seguiranno “Aiuto” (2011), “Senza vergogna” (2014), “Un giorno nuovo” (2017) e l’ultimo “Paura e l’amore” del 2019.
Questi ultimi tre album fanno parte di una sorta di trilogia nella quale viene affontato senza veli il tema della lotta alla malattia, immortalato nelle immagini del ballo energico e innocente del figlio di Elisabetta sulle note di “Baby blue”, il singolo tratto proprio dall’ultimo album.
In questo suo percorso musicale Elisabetta Imelio ha conosciuto molti altri artisti italiani, gli stessi che compaiono nella riedizione di “La fine della chemio” (Manuel Agnelli degli Afterhours, Elisa, Meg, Pier Paolo Capovilla de Il Teatro degli Orrori, Davide Toffolo dei Tarm, Lo Stato Sociale, Samuel dei Subsonica, Jovanotti) e visibili nel video-fumetto curato da Fausto Collarino e Stefano Coletti.
Elisabetta su “quel palco” ci era tornata al festival MiAmi di Milano assieme a Eva e Gian Maria per celebrare i vent’anni di “Acido acida”. Oggi il modo migliore di ricordarla è mentre suona in tutte quelle canzoni e in particolare in “La fine della chemio”, “Un giorno nuovo” e “Baby blue”. —
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