Effetto lockdown a Pordenone: Il coronavirus cancella 3 mila assunzioni

PORDENONE. Un colpo durissimo per l’economia pordenonese che dimostra però di reggere meglio di altri territori il confinamento imposto dal coronavirus. Sono oltre 3 mila le mancate assunzioni durante l’emergenza, quasi il 16 per cento rispetto al 2019. Ma la media regionale, che sfiora il 30 per cento, svela che la dimensione delle imprese pordenonesi, la loro capacità di innovare e l’indipendenza dai flussi turistici consentono alla Destra Tagliamento di essere uno dei motori per la rinascita.
Ad analizzare la situazione pordenonese è l’Osservatorio della Regione Friuli Venezia Giulia che ha messo a confronto i dati sul mercato del lavoro nel periodo che va dal 1 gennaio al 26 aprile. L’analisi ha riguardato in particolare le assunzioni nel 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel complesso in Destra Tagliamento lo scarto è di 3287 mancate assunzioni rispetto all’anno precedente. Ma non tutto il territorio si comporta allo stesso modo: a Pordenone e cintura, come è facile immaginare, c’è la quota più consistente, con 2198 assunzioni in meno.
Nel Maniaghese si parla di 350 unità; nel Sacilese sono 561; nel Sanvitese 295. Fa eccezione lo Spilimberghese che, secondo l’interpretazione dello Servizio interventi per i lavoratori e le imprese della Regione, probabilmente risente del buon andamento del settore agricolo: la zona registra eccezionalmente un dato positivo di +117 assunzioni.
Il confronto
Parlando in termini statistici, la media delle mancate assunzioni nel Pordenonese è di –15,8 per cento. Un dato che consente di rilevare una marcata differenza con il resto della regione, dove la media delle mancate assunzioni è di –29,2 per cento. A trainare la tendenza è Spilimbergo (+4,6 per cento) ma si difende bene anche la zona di San Vito al Tagliamento, con –12,6 per cento, ampiamente sotto la media regionale.
Le imprese
Le motivazioni della tenuta del Pordenonese sono svariate ma al primo posto c’è la composizione stessa del tessuto economico locale, con una prevalenza di settori che hanno subito di meno la chiusura. Sono meno presenti infatti i servizi turistici, di ristorazione e alberghieri. Un settore che peraltro risente di una forte stagionalità.
Un altro fattore da considerare, secondo gli esperti della Regione, è che il territorio pordenonese è popolato da una maggioranza di medie imprese, più attrezzate per gestire le crisi, mentre quelle che hanno risentito maggiormente della crisi sono piccole o micro imprese. In alcuni casi ha giovato anche la tendenza ad innovare.
i centri per l’impiego
Gli uffici del Servizi ai lavoratori dell’hub pordenonese hanno notato, inoltre, un aumento del lavoro domestico: considerata la chiusura di scuole e asili, molti hanno dovuto scegliere questa strada. Una situazione inedita e difficile che i centri per l’impiego hanno fronteggiato supportando persone e imprese, nonostante anche i dipendenti regionali fossero in smart working con presidi minimi di presenza.
A chiedere aiuto sono stati soprattutto i lavoratori a tempo determinato che hanno concluso il rapporto di lavoro senza ottenere proroghe o trasformazioni dei loro contratti, una volta cessati, in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
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