Emanuele, il paese nel cuore e il sogno di fare l’artigiano

PASIAN DI PRATO. Era l’animatore del paese. Nonostante la giovanissima età, appena 17 anni, Emanuele Lo Castro era l’anima di Colloredo di Prato. Partecipava a tutte le iniziative, dalla Pro Loco all’oratorio, a quelle della Filarmonica. Non si perdeva una festa perché amava vivere la comunità. E lì aveva anche i suoi più cari amici, con i quali condivideva tutti i giorni, le sere e i sogni che un ragazzo vuole realizzare poco prima di diventare maggiorenne.
Organizzava i carri mascherati, in occasione del carnevale. Con i ragazzi della parrocchia si trovava a fare le prove dei canti e a breve avrebbe fatto parte di un coro per un matrimonio. Fino a venerdì scorso aveva intrattenuto i più piccoli nel centro vacanze dell’oratorio. Amava l’acqua e conosceva bene il Tagliamento. Lì andava non solo a tuffarsi durante i pomeriggi d’estate per cercare un po’ di refrigerio ma anche a pescare, dopo aver ottenuto la licenza. Insomma era un tuttofare, «un giovane dalle belle speranze» come lo dipinge in questo suo ritratto Loris Zanor il direttore del Cefs, il centro edile per la formazione e sicurezza.
Emanuele frequentava la scuola e si apprestava a iniziare il terzo anno con ottimi risultati. In molti lo descrivono come un «ragazzo dalle mani d’oro, capace di fare tutto. Sistemava le biciclette, creava i tandem. Insomma aveva una creatività innata». Ma la sua vera grande passione era una sola: quella di diventare piastrellista e cartongessista. «Un artigiano, come ce ne sono ormai pochi di friulani ormai in questo momento», dice con un pizzico di commozione Zanor. «Era un giovane – aggiunge – dalle belle speranze e per noi era una promessa dell’edilizia». La scuola professionale, riconosciuta dalla Regione, è in via Bison a Udine e ha 45 ragazzi. Un gruppo molto unito, in cui c’è anche un rapporto molto stretto con i docenti. Zanor conosceva molto bene Emanuele ed è sotto choc quando lo raggiungiamo al telefono. Fatica a trovare le parole per descrivere quel ragazzo che ora non c’è più. «Il mio ultimo ricordo – dice – ed è anche l’ultima volta che l’ho visto, risale a poco più di un mese fa all’11 giugno. Avevamo fatto la festa di fine anno al Parco Acquatico di Grado. Emanuele era contento, si era divertito, insieme ai suoi compagni di classe. Me lo ricordo ancora mentre si lanciava dal trampolino e faceva i tuffi. E ora a pensare che non c’è proprio perché si è tuffato nel Tagliamento…. Sembra incredibile».
Emanuele era un ragazzo dalle idee chiare. Al termine del corso triennale di operatore e addetto ai lavori di costruzione edile, si era convinto a frequentare un istituto tecnico. Voleva conseguire non solo la qualifica professionale riconosciuta a livello europeo ma anche il diploma, per intraprendere la carriera.
«Era un ragazzo orgoglioso, di temperamento mite – così lo descrive ancora Zanor –, sensibile, mai protagonista, ma sempre dietro alle quinte, qualche volta anche insicuro. Insomma ancora un po’ adolescente, forse, ma nonostante questo aveva enormi potenzialità. Si adattava bene con tutti, italiani e stranieri. Sorrideva sempre. Era disponibile e attento con gli altri. Aveva un’intelligenza attiva, oserei dire, imparava attraverso il fare ed era precoce nell’apprendimento». Zanor mentre termina il suo discorso è ancora incredulo. «Emanuele – conclude – era un ragazzo misurato, difficilmente osava ed è proprio questo che mi lascia basito. Come è potuta accadere una tragedia del genere? Ce lo chiediamo ancora e non riusciamo a darci una spiegazione. Sapeva calcolare i rischi. Sapeva dove c’erano i pericoli. Non amava mettersi in mostra. Quello che è successo è stata proprio una tragica fatalità».
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