Era rimasto senza lavoro, si toglie la vita
UDINE. Quel lavoro che aveva perso da pochi mesi per un cavillo e che gli mancava come l’aria, alla fine non lo aveva trovato, nonostante gli appelli e i tentativi di chi voleva aiutarlo. E così Renato Abramo, l’artigiano di 68 anni di Colloredo di Monte Albano che aveva scritto una lettera all’ex ministro Fornero e al Governo Letta, non ce l’ha fatta più.
Nella notte tra lunedì e martedì si è tolto la vita, sotto un treno, in via Cividale. Alcuni appunti scritti al fratello, che abita in città, confermano il suo disagio e la sua disperazione, dovuti alla mancanza di occupazione.
La Polfer, per fare luce sul caso, ha convocato, nei giorni scorsi, imprenditori e artigiani che, in qualche modo, avevano conosciuto la vittima. Ieri sono stati celebrati i funerali, la salma è stata tumulata nel cimitero di Paderno, come il pensionato, udinese di origine, aveva espressamente chiesto.
Una storia dunque che è finita nel peggiore dei modi. Perchè l’uomo si era rivolto anche al “Messaggero Veneto”, aveva bussato a mille porte. Lui una volta era un agente di commercio, ma dalla crisi del 1992 (quella in cui il Governo Amato, per far fronte alla mancanza di liquidità prelevò dai conti degli italiani, ndr) era stato costretto a ripartire da zero.
E da allora si era reinventato piastrellista. Nonostante l’età ormai non più verde, si era adattato ad andare per i cantieri, dove lo chiamavano, pur di aggiungere qualche centinaia di euro alla sua modesta pensione. Lo faceva, ci aveva spiegato al telefono poche settimane fa, per riuscire a pagare qualche vecchio debito e per dare tranquillità a chi viveva accanto a lui.
Ma poi, all’inizio di quest’anno, ci aveva messo lo zampino la legge Fornero e lui da aprile non lavorava più. Ma cos’era accaduto? «Ho la partita Iva da oltre 30 anni - ci aveva detto l’uomo il 12 giugno scorso - e non l’ho fatta per “mascherare” un lavoro da dipendente. Negli ultimi tempi il lavoro si è ridotto, ma sono riuscito a instaurare un ottimo rapporto con un’azienda che, al momento, sarebbe in grado di affidarmi lavori anche per tutto il 2013 ma nè io nè la ditta possiamo farlo: la legge Fornero (numero 92/2012) entrata in vigore meno di un anno fa, nella parte dedicata alle “finte” partite Iva ce lo impedisce perchè, per lo Stato, sorgerebbe il sospetto o la presunzione che si voglia nascondere un rapporto di lavoro di diverso tipo (come co.co.pro. oppure subordinato). Così ho dovuto interrompere i rapporti con questa azienda, ma con la crisi che c’è da allora non ho più potuto trovare un altro posto, mentre da parte sua la ditta ha dovuto affidare l’esecuzione dei propri lavori ad altri miei colleghi. Ed eccomi qua senza lavoro “per legge”. Ovviamente privo dei benefici degli ammortizzatori sociali che non spettano agli autonomi. La mia partita Iva è autentica, lo è sempre stata. E non è mia volontà inserirmi in rapporti lavorativi di tipo subordinato. Perchè non dovrebbe essermi lasciata la libertà di instaurare un rapporto di monocommittenza se, date le circostanze, risulterebbe essere l’unico modo che mi consentirebbe di continuare a lavorare e a vivere dignitosamente? O è meglio avere un disoccupato in più?».
Del suo caso si era interessata anche Confartigianato, visto che Renato Abramo era in regola al mille per mille con ogni legge ed era iscritto all’albo. Ma nonostante tutto un nuovo lavoro non era ancora comparso all’orizzonte. E per l’artigiano è calato il buio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto