Eredità Bernardi, respinte due richieste milionarie

Il tribunale di Udine ritiene infondata la promessa di 15 milioni fatta dal re dell’abbigliamento alla compagna. Tutto in regola invece per l’assicurazione da oltre 2 milioni a favore della donna: la firma era autentica
ANTEPRIMA Bertiolo? 22-12-2009 bernardi
ANTEPRIMA Bertiolo? 22-12-2009 bernardi

UDINE. Il fatto che il “re dell’abbigliamento” Riccardo Di Tommaso, titolare della catena Bernardi, scomparso il 24 gennaio 2010, abbia effettivamente scritto di suo pugno la breve nota con la quale si impegnava a versare alla compagna la bellezza di 15 milioni di euro, non è, per il tribunale di Udine, rilevante. «Anche se l’accertamento sull’autenticità della firma risultasse positivo - scrive infatti il giudice Mimma Grisafi -, in ogni caso la pretesa non può trovare accoglimento in quanto “giuridicamente” infondata».

E il motivo è molto semplice. Se si fosse trattato di una donazione, per essere valido nei confronti degli eredi il documento doveva rispettare determinati parametri previsti dalla legge e cioè la stesura di un atto pubblico notarile.

Ma, in questo caso, la richiesta milionaria avanzata dalla compagna, con la quale l’imprenditore ha avuto una figlia riconosciuta e ancora oggi minorenne, si basava su una scrittura privata. Non una donazione, ma una retribuzione per l’attività professionale svolta dalla donna che tramite una società aveva coordinato diverse iniziative imprenditoriali del gruppo Bernardi e la volontà di assicurare il mantenimento alla figlia.

Questa la tesi sostenuta dai legali della donna, gli avvocati Giuseppe e Massimiliano Campeis, che però non hanno convinto il giudice secondo il quale le “causali” non giustificano l’importo richiesto, «esorbitante», scrive la Grisafi nella sentenza depositata nei giorni scorsi, rispetto all’attività che sarebbe stata svolta a favore «non direttamente di Di Tommaso, ma delle società riferibili allo stesso». Il debito insomma sarebbe eventualmente del gruppo Bernardi e non degli eredi dell’imprenditore citati in giudizio, la moglie Fiorella Conchione difesa dall’avvocato Bruno Simeoni e i figli della coppia Silvia e Diego Di Tommaso, difesi da Luca Ponti e Paolo Panella. Per questo motivo il giudice ha respinto la richiesta della compagna condannandola anche al pagamento delle spese legali per complessivi 68 mila euro. Non è escluso però che la donna decida di appellare la sentenza.

È invece autentica la polizza assicurativa stipulata da Di Tommaso in favore della compagna. I figli Diego e Silvia Di Tommaso avevano chiesto la nomina di un curatore speciale per la minore e contestualmente il sequestro conservativo nei confronti della madre della piccola per oltre due milioni di euro, sulla base di una presunta falsificazione della polizza.

«Il tribunale di Udine e la Corte d’appello di Trieste - dicono gli avvocati Giuseppe e Massimiliano Campeis - hanno confermato l’autenticità della firma e l’insussistenza di alcuna responsabilità della madre nei confronti della quale, dopo la denuncia in sede penale, il Pm ha chiesto l’archiviazione. Non solo: i giudici hanno sottolineato che gli interessi della minore vengono seguiti al meglio dalla madre che ha anche estinto con denaro proprio un mutuo di circa 500 mila euro acceso da Di Tommaso per la figlia». Anche per questo motivo la battaglia sull’eredità non si ferma.

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