Esce di prigione e picchia ancora la moglie, a giudizio

La donna lo aveva denunciato già in precedenza per le botte e le minacce di morte subite
ANTEPRIMA visita nel carcere di via Spalato
ANTEPRIMA visita nel carcere di via Spalato

TAVAGNACCO. Dopo l’arresto del marito, pensava e sperava che l’inferno fosse finito. E invece, una volta uscito dal carcere e nonostante le misure di divieto di avvicinamento e di allontanamento dalla casa familiare che gli erano state applicate, le violenze erano ricominciate.

A lei, quindi, non era rimasto altro da fare che denunciarlo di nuovo: per l’incolumità propria e del loro bambino, cresciuto a suon di urla e spaventi. Ieri, nei confronti dell’uomo, un ucraino di 38 anni, difeso dall’avvocato Paola Freschi, è stato disposto il rinvio a giudizio. Il gup di Udine, Emanuele Lazzàro, ha fissato l’inizio del processo per il 27 ottobre.

L’ultimo episodio in ordine di tempo risale all’agosto del 2014, quando l’imputato avrebbe spaccato sulla testa della moglie un bicchiere con una candela e l’avrebbe colpita alle mani con una scatola di plastica. Ma le botte e le minacce, nella loro abitazione di Tavagnacco, sarebbero state all’ordine del giorno. È stata la stessa donna, una 37enne a sua volta originaria dell’Ucraina, a raccontarlo alle forze dell’ordine chiamate a intervenire, ogniqualvolta la situazione degenerava in sfuriate furibonde, e poi anche al centro antiviolenza dove aveva a un certo punto trovato rifugio insieme al figlio.

Sposati dal 2009, l’uomo aveva manifestato da subito gli aspetti peggiori del proprio carattere, aggravato in maniera esponenziale dall’abuso di alcol. Passata la buriana, però, chiedeva quasi sempre scusa, promettendo di migliorare e di abbandonare il vizio della bottiglia. I fatti hanno dimostrato il fallimento pressocchè totale dei suoi buoni propositi. Fino all’arresto scattato il 1° novembre 2012 per resistenza, maltrattamento e lesioni.

Innumerevoli gli esempi di violenza ricordati dal legale che assiste la denunciate, avvocato Samantha Zuccato, e in parte ripresi anche nel capo d’imputazione formulato dal pm Elisa Calligaris. Una volta, quando il piccolo aveva soltanto 18 mesi, mentre entrambi dormivano, minacciò di dare fuoco alla casa, aprendo e chiudendo una bombola di gas: era ubriaco e finì la serata e quelle a seguire in cella. Ma poi, una volta fuori, tutto ricominciò come prima. (l.d.f.)

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