Espulso perché dice “Dio Santo”. Il giudice: partita da rigiocare

UDINE. Dio Santo non è una bestemmia e la partita del Cussignacco si rigioca.
Dio Santo è un’esclamazione, una preghiera che poco ha a che vedere con le ingiurie e la violenza. Probabilmente non lo sapeva l’arbitro che ha espluso un giocatore dell’Asd Cussignacco reo, appunto, di aver esclamato «Dio Santo» durante un’azione di gioco. Un errore, quello dell’arbitro, che ha convinto la Corte sportiva di appello territoriale a fare rigiocare la partita.
La partita in questione è Asd Esperia contro Asd Cussignacco, formazioni allievi (ragazzi di 16-17 anni) del girone B del campionato provinciale. Sfida – giocata il 25 novembre – che, a leggere il referto, sembra particolarmente calda, soprattutto per la giacchetta nera. Al quindicesimo minuto del primo tempo, infatti, l’arbitro interrompe la partita perchè si “sente minacciato nella propria incolumità, dopo l’espulsione di un calciatore dell’Esperia (buttato fuori perchè bestemmiava).
L’uomo – si legge nel documento Figc – resta chiuso negli spogliatoi per nove minuti. Poi riprende la gara, ma senza recuperare quei minuti. Nella ripresa le cose non vanno molto meglio: un altro rosso è sventolato al “partire” di un’altra bestemmia (l’attaccante del Cussignacco prende un calcione e non riesce a trattenersi) e, al 35’, tocca a O.J.: “espulso per frase blasfema; Dio Santo”, si legge nel referto.
L’Asd Cussignacco perde 1-0 e presenta ricorso che la corte sportiva di appello territoriale della Figc – composta dagli avvocati Silvio Franceschinis (presidente), Severino Lodolo (vice), Luca De Pauli e Daniele Pezzetta e dal rappresentante dell’Aia Adriano Giordano – accoglie.
«Il direttore di gara – scrive l’Asd Cussignacco nel ricorso – ha ritenuto che l’invocazione “Dio Santo” violasse le norme sportive che vietano ogni “espressione blasfema durante la gara”, senza avvedersi che si è trattato di un’implorazione che, a dispetto di altre espressioni, sempre riferite in referto e sempre relative a bestemmie e che hanno correttamente determinato l’espulsivo di altri due calciatori, non costituisce affatto “espressione blasfema”. Di più – insiste la società del Cussignacco –: non sono richieste particolari dissertazioni sul secondo comandamento della legge Mosaica (“non nominare il nome di Dio invano”) per dare conforto alla nostra tesi.
Per intendere che l’espressione “Dio Santo” sia una implorazione e non una bestemmia è sufficiente una conoscenza elementare del significato delle parole e del comune sentire, cognizione che all’evidenza ancora non fa parte del bagaglio socio-culturale del giovane direttore di gara». «Ne deriva – si legge ancora nel ricorso – che l’errore in cui è caduto l’arbitro costituisce un errore di comprensione di un aspetto sociale e culturale, e non di un aspetto sportivo».
«La indebita espulsione del calciatore O.J., per “bestemmia” è frutto di una oggettiva aberrazione arbitrale – scrive la corte sportiva – che costituisce indubitabilmente un errore oggettivo, non tecnico né disciplinare, dell’arbitro, valutabile esclusivamente con criterio di natura socio-culturale, che esula dalla discrezionalità tecnica sul gioco, in ogni caso riservata alla percezione del direttore di gara.
Un fatto che ha determinato un’insanabile irregolarità della gara: l’Asd Cussignacco Calcio, in svantaggio per una rete a zero, non ha potuto disporre del suo calciatore per gli ultimi minuti di gioco (compresi i quattro minuti di recupero), con evidente proprio svantaggio e complementare vantaggio della compagine avversaria. Per questo l’omologazione della gara deve essere revocata, e la gara va pertanto ripetuta e si da mandato alla Delegazione di Udine di organizzare il recupero».
A titolo di cronaca: il Cussignacco ha preso provvedimenti anche per il bestemmiatore.
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