Evirò l'amico, l'avvocato: "Viveva fuori dalla realtà"
UDINE. Credere che Carolina De Brito Peres abbia evirato con un coltello da cucina l’amico, durante un gioco erotico in casa, sia soltanto la reazione a un momento di rabbia, a un ritardo all’appuntamento e a un cinema mancato è «riduttivo, e comunque basato su elementi non veri», ed è anche «fuorviante».
È quanto sostiene l’avvocato Emanuele Iuri, difensore della ragazza di 30 anni di origini brasiliane che, lo scorso 1° febbraio, tagliò il pene al militare di 25 anni con cui si era appartata nella propria camera, in via Maniago.
Discostandosi dalle conclusioni alle quali era giunto lo psichiatra Gaetano Savarese, cioè il perito incaricato dal gip di stabilire lo stato mentale dell’indagata e che, nell’udienza del 12 giugno, aveva parlato di capacità d’intendere e di volere al momento dei fatti «grandemente scemata, ma non totalmente esclusa», la difesa è ora pronto a dare battaglia con una propria consulenza che evidenzia invece «la continuità psicotica fra il fatto reato, dalla manifesta violenza sintomatica, il successivo, immediato ricovero psichiatrico, e ancora l’ulteriore e più clamoroso sviluppo psicotico presentato in carcere».
Ed è proprio alle condizioni di Carolina durante la detenzione e al trattamento riservatole dalla struttura penitenziaria che il consulente di parte, lo psichiatra Marco Stefanutti, fa ampio riferimento nella propria disamina. «Nel corso dell’accesso del 16 marzo – scrive –, la De Brito è stata rinvenuta isolata in cella, con numerosi lividi ai quattro arti, diffusamente dolorante e in grado di camminare solo con difficoltà e sostenuta da terzi. Inoltre, lo stato psichico deponeva per l’assoluto distacco dal reale».
Questo, tuttavia, non bastò a convincere il giudice a concedere a Carolina l’immediato trasferimento in ospedale chiesto dalla difesa: Carolina rimase al Coroneo di Trieste.
«E nel frattempo – rileva l’avvocato Iuri –, Savarese si è trovato investito anche del ruolo di curante, dovendo sospendere le operazioni peritali. Questa anomala situazione, del resto, non è che la conseguenza dell’estrema carenza del sistema penitenziario, soprattutto nei confronti di persone con problematiche di natura psichiatrica».
Fu sempre Stefanutti a verificare come «l’unica assistenza prestata era quella medico-generica, non avendo provveduto i servizi psichiatrici triestini alla gestione dell’insorta acuzie psicotica». Della situazione di Carolina è stato informato anche il Console generale aggiunto del Brasile in Italia, Ricardo De Souza Franco Peixoto, durante un colloquio a Trieste. Terminato l’incidente probatorio, il caso è tornato ora sul tavolo del pm Claudia Danelon, per la chiusura delle indagini. Indagini che dovranno tenere conto anche delle osservazioni del consulente.
«Preferiamo fingere di credere – si chiede – che possa essere reazione solo marginalmente intaccata dalla malattia mentale quella di chi sostiene, come perizianda, che questa è stato la spiegabile conseguenza di un “momento di rabbia... di un ritardo all’appuntamento... di un cinema mancato...”? Certo – la chiosa –, che lo creda la perizianda ci può stare: ma fermiamoci lì, per carità».
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