Faceva sesso in piscina: assolto, ma non è più reato

Cividale, l’Appello ha assolto l’uomo che era stato condannato per atti osceni con una minorenne
Tommasini-Trieste-Tribunale
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CIVIDALE. Il suo difensore lo aveva ricordato prima e durante il processo: di lì a poco, il Governo avrebbe depenalizzato il reato di atti osceni.

La Procura e il tribunale di Udine, tuttavia, avevano proseguito per la loro strada e Vincenzo Paglialonga, il 34enne accusato di avere fatto sesso con una minorenne su uno dei lettini della piscina di Cividale, era stato condannato a 10 mesi di reclusione. La Corte d’appello, qualche giorno fa, ha ribaltato la sentenza e lo ha assolto, «perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato». Non più, per l’appunto, dall’entrata in vigore del Decreto legislativo n.8 del 15 gennaio scorso.

Presieduto dal giudice Igor Maria Rifiorati, il collegio triestino ha invece confermato la sanzione pecuniaria di 4 mila euro per il porto del coltello a serramanico che, quello stesso giorno, gli era stato trovato addosso. Era il 28 giugno del 2012 e Paglialonga, foggiano di origini e residente a Udine, con precedenti giudiziari che gli erano costati anche la contestazione della recidiva, bruciandogli la sospensione condizionale della pena, era andato a rinfrescarsi in piscina con un’amica.

Erano stati alcuni carabinieri e il banconiere del chiosco nell’area esterna dell’impianto a notare l’atteggiamento equivoco della coppia. Stando ai loro resoconti, dalle smancerie i due non avevano esitato a passare ai fatti, incuranti delle persone che stavano loro attorno, bambini compresi.

Sul caso era intervenuto anche l’allora procuratore capo di Udine, Antonio Biancardi, manifestando sdegno per la condotta tenuta. «Chiese pene esemplari», ricorda l’avvocato Piergiorgio Bertoli, che oltre a Paglialonga ha difeso anche la ragazza che era con lui e che è stata a sua volta indagata e prosciolta già in udienza preliminare dal tribunale dei minori di Trieste.

Nella sentenza, il gip aveva motivato la decisone «per irrilevanza del fatto». Da qui, l’ulteriore argomentazione del legale, che, in caso di condanna dell’uomo, aveva preconizzato «un conflitto sui due giudicati».

Nel merito, l’avvocato Bertoli aveva insistito sulla contraddittorietà delle versioni fornite in istruttoria dai testimoni.

«C’è chi ha parlato di un rapporto completo, chi di semplici effusioni e chi di sesso in vasca – aveva osservato –. Ma dalle deposizioni mancano proprio le voci di chi, stando ai racconti, avrebbe potuto vedere veramente qualcosa: il bagnino, visto che il primo rapporto sarebbe avvenuto in acqua, e il proprietario della struttura, che era intervenuto». Tutte questioni superate ora dalla depenalizzazione.

«Un epilogo prevedibile – la conclusione di Bertoli – e che non ha comunque impedito di protrarre il procedimento per quattro anni».

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