Fallisce la prima farmacia in Friuli
AMARO. Non era ancora mai successo, ma la crisi è arrivata a colpire anche le farmacie. La prima, nella storia del Friuli Vg, ha capitolato ad Amaro, alle porte della Carnia, dove da ieri mattina gli 800 residenti, molti dei quali anziani, non possono più contare sul farmacista.
Il dottor Michele Cabas ha infatti chiesto il fallimento e ieri, suo malgrado, ha abbassato la serranda. «Con trenta ricette al giorno – afferma – non si può andare avanti».
Il suo caso è il primo, ma rischia di non essere l’unico. Specie nella zona della montagna, dove le farmacie sono tutte di piccole dimensioni e pagano più pesante lo scotto del periodo di recessione. Ma non solo di quello a sentire la presidente provinciale di Federfarma, Alessandra Forgiarini, che punta il dito contro l’abbassamento del prezzo dei farmaci, ma soprattutto contro la distribuzione diretta da parte delle aziende sanitarie che starebbe letteralmente cannibalizzando gli “affari” delle farmacie.
L’esercizio di Amaro ne ha fatto le spese a sentire il dottor Cabas: «All’inizio andava bene, poi è iniziata una lenta agonia. Dai 90 clienti che quotidianamente varcavano l’ingresso della farmacia sono passato agli attuali 30, ne ho persi insomma 10 all’anno. “La distruzione diretta, quella “per conto”, la riduzione del prezzo dei medicinali e infine la crisi – afferma il farmacista – hanno eroso i margini e se in città si taglia sui dipendenti, in montagna non si può tagliare nulla, perché le bollette della luce, del gas e ancora l’affitto e i costi della burocrazia sono inevitabili».
Ieri mattina Cabas ha dunque abbassato definitivamente la serranda della farmacia seminando lo sconforto in un paese che contava sul piccolo esercizio commerciale come su uno dei pochi servizi rimasti. Niente da fare. È il primo caso. Non sarà l’ultimo.
«In Carnia – afferma la presidente Forgiarini – abbiamo 26 farmacie. Ce ne sono anche in paesi con soli 300 abitanti, dove spesso la gente non può contare nemmeno sul medico di base. Sono la spina dorsale del sistema, vivono di niente e danno un servizio eccellente quanto essenziale». Come la farmacia del dottor Cabas, «un vero farmacista – dice Forgiarini –. Uno che teneva aperto da solo 12 ore al giorno, che portava avanti l’attività con estremo senso del dovere, che trovava anche la forza per dedicarsi al sindacato». Tanto che ieri, nonostante tutto, si è presentato a Udine per partecipare al direttivo di Federfarma.
«Quanto le piccole farmacie possano reggere in questa situazione – continua Forgiarini – non lo so. Non a lungo. Eppure sono importanti presidi per il territorio, “distributrici – ricorda ancora la presidente – di ricchezza sotto forma di servizi non remunerati, basi pensare allo screening del colon retto e ai turni di notte».
La crisi ci ha messo lo zampino, ma in questo caso non è colpa di tutti i mali. Per Forgiarini il vero problema sta nel ruolo sempre più preponderante giocato dalle aziende sanitarie in materia di distribuzione diretta dei farmaci.
Una pratica incentivata dalla Regione che consente alle Ass di distribuire farmaci di classe A all’atto della dimissione del paziente, ma che – denuncia la presidente di Federfarma – sarebbe abusata da parte delle aziende, le quali, con diversi escamotage distribuirebbero, farmaci oltre i limiti stabiliti, magari in occasione di visite terapeutiche, il tutto a danno delle farmacie.
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