Fallita la Dayli in Austria, in Italia si spera ancora
UDINE. Il Tribunale di Linz ha dichiarato il fallimento di Dayli, la catena di negozi che fino allo scorso anno si chiamava ancora Schlecker. Il termine fallimento è improprio, nella procedura concorsuale austriaca, ma gli effetti sono gli stessi. Invano il commissario Rudolf Mitterlehner nominato dal Tribunale aveva cercato nuovi investitori, che potessero subentrare nella proprietà e consentire la prosecuzione dell’attività commerciale.
L’immagine di Dayli, con vetrine e scaffalature semivuote, come se ne vedevano un tempo soltanto nei Paesi del socialismo reale, era ormai compromessa. Il colpo di grazia l’aveva dato lo stesso titolare Rudolf Haberleitner, “vittima” il 27 giugno a Udine del clamoroso furto di un milione di euro in contanti. Come fidarsi di un imprenditore che tratta in maniera così dilettantesca e imprudente un’operazione di tale portata? Nessuno si è fidato e lunedì il commissario giudiziario ha dovuto alzare bandiera bianca e chiedere al Tribunale di Linz (la Dayli ha sede a Pucking, in Alta Austria, di cui Linz è il capoluogo) il fallimento.
Le conseguenze sono la chiusura nel corso della settimana delle 522 filiali distribuite sull’intero territorio austriaco e il licenziamento di tutti i 2.200 dipendenti, in prevalenza donne, che si aggiungono a quelli già licenziati al momento in cui Haberleitner (Dayli) era subentrato alla precedente proprietà tedesca (Schlecker). In totale, dunque, 3.468 persone senza lavoro: il più grande fallimento in Austria degli ultimi vent’anni, per numero di persone licenziate (per massa fallimentare si colloca al 7° posto).
Alla fine di giugno il patrimonio risultante dai libri contabili ammontava a 12,8 milioni, i debiti a 62,4. A rimetterci saranno soprattutto la Novomatic (società che gestisce slot-machine), che era entrata nel capitale di Dayli con 25 milioni, e i fornitori, che vantano un credito di 18 milioni. I dipendenti devono incassare ancora gli stipendi da giugno e il rimborso delle ferie non godute. Si stima che, salvo i lavoratori, gli altri creditori riusciranno a recuperare non più del 15% del loro credito, considerando anche i costi della procedura fallimentare. L’amministratore giudiziario, dal canto suo, non ha rescisso i contratti di affitto dei locali presenti sul territorio, proprio per non precludere un’eventuale cessione dei punti vendita ad altre catene commerciali.
La notizia del fallimento della società in Austria è subito rimbalzata oltreconfine dove sono un migliaio, 240 in Fvg, i lavoratori in cassa integrazione straordinaria a seguire con apprensione gli eventi nella speranza che un imprenditore si faccia avanti per rilevare, anche solo in affitto, il ramo d’azienda.
Dayli Italia non naviga in buone acque. Deve fare i conti con 300 negozi (90 in regione) chiusi, con 1.022 lavoratori in Cigs, con 11 milioni di debiti nei confronti dei fornitori. Fronte, quest’ultimo, che potrebbe ora modificarsi in modo sostanziale. Questo, almeno, è l’auspicio del sindacato: «Se il creditore è venuto meno, dovrebbero esserlo anche i crediti vantati nei confronti di Dayli Italia. Fosse così – ipotizza Diego Santellani di Fisascat Cisl Udine – la società diverrebbe più appetibile».
Al momento gli sforzi dei tre commissari Giancarlo Sachs, Maurizio Variola e Giuliano Bianco sono tesi alla salvaguardia dei posti di lavoro, ma è decisivo il passaggio di mano dei punti vendita per ricollocare una parte della forza lavoro che, se realizzata nella misura del 30%, garantirebbe l’accesso al un secondo anno di ammortizzatore sociale per la parte restante dei dipendenti. Indiscrezioni riferiscono di diverse trattative in corso con interlocutori tutti italiani. Di più si potrà sapere a fine mese, quando i commissari faranno il punto della situazione a beneficio del sindacato. Inizialmente fissato per il 6 di agosto, l’incontro è stato rinviato a dopo le ferie, così da dare maggior tempo ai commissari di lavorare. Sarà quella l’occasione per capire se vi siano concrete possibilità di cedere i negozi a terzi oppure se la società debba risolversi ad intraprendere una procedura concorsuale.
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