Falsi esami a Legge: un udinese a giudizio

Un immobiliarista di 47 anni coinvolto nello scandalo dell’ateneo di Catanzaro. Avrebbe pagato 1.500 euro al segretario per ottenere la falsificazione del libretto

UDINE. Lo scandalo sui falsi esami universitari alla facoltà di Giurisprudenza era scoppiato alla fine del 2007, con l’arresto del responsabile della segreteria didattica dell’ateneo “Magna Grecia” di Catanzaro, e l’inchiesta era andata poi allargandosi, tra una marea di intercettazioni, sequestri e interrogatori, fino a coinvolgere la bellezza di 97 persone. Di studenti, cioè, indagati a vario titolo e in concorso con due docenti e quattro impiegati per reati che vanno dall’associazione a delinquere, alla corruzione e al falso. Chiuso il cerchio nel marzo del 2012, martedì per tutti è scoccata l’ora dell’udienza preliminare.

Nel lungo elenco, anche il nome di un friulano: Alan D’Onofrio, 47 anni, originario della Croazia e residente a Udine, dove è titolare dell’Immobiliare Al Roseto srl di via Aquileia. E dove, fino al 2007, presiedeva la Hde, società nata 13 anni prima per produrre e commercializzare il Flybook - il più piccolo computer portatile al mondo - e costretta alla messa in liquidazione dopo la risoluzione del contratto con il fornitore taiwanese. I fatti contestati dai pm calabresi Salvatore Curcio e Paolo Petrolo a D’Onofrio sono di poco precedenti.

E, come intuibile, si riferiscono tutti ad appelli d’esame: Economia politica, Diritto amministrativo, Storia del diritto italiano, Diritto penale e Diritto civile, tutti sostenuti e superati tra il febbraio e il luglio del 2006. O meglio, stando all’ipotesi accusatoria, acquistati e registrati sul libretto universitario al prezzo di 1.500 euro l’uno.

Del presunto sistema di compravendita di esami, D’Onofrio - analogamente a decine di altri studenti - avrebbe beneficiato grazie alla “sponsorizzazione” di un altro finto dottore, il 43enne Luigi Muraca, e ai “maneggi” del segretario didattico, il 50enne Francesco Marcello, che gli inquirenti ritengono avere intascato una media di 300 euro a esame.

Da qui, le accuse di concorso in corruzione, falso materiale del pubblico ufficiale in atti pubblici e in certificati amministrativi e falso ideologico in atti pubblici per induzione. Il meccanismo, in buona sostanza, avrebbe funzionato attraverso la falsificazione dei verbali di esame, delle veline color giallo a ricalco dell’originale, del diploma di laurea (conseguito il 30 ottobre 2006) e di tutta la documentazione propedeutica al raggiungimento del titolo. Fasulli, sempre secondo il castello accusatorio, anche i quesiti formulati in sede d’esame, le votazioni ottenute e le firme del presidente e dei componenti della commissione giudicatrice. E pure, va da sè, il libretto universitario.

Capace di sconquassare mezza Italia, oltre che lo stesso ateneo calabrese e più di qualche Ordine provinciale degli avvocati, il caso è approdato martedì davanti al gup del tribunale di Catanzaro, Livio Sabatini. Che, di fronte a un’eccezione dei difensori sulla costituzione di parte civile dell’università, ha tuttavia aggiornato l’udienza, riservandosi due settimane di tempo per decidere. Alla ripresa dei lavori, lunedì 21, saranno formalizzate alcune richieste di riti alternativi (4 patteggiamenti e 10 giudizi abbreviati), mentre nei giorni a seguire (dal 22 al 25) prenderà il via la discussione per tutti gli altri indagati. Come forma di autotutela, intanto, il “Magna Graecia” ha già provveduto ad annullare gli esami e revocare le lauree conseguite da tutti gli imputati.

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