Farmacia fallita, non ci fu distrazione

Michele Cabas assolto dalla bancarotta fraudolenta, 4 mesi per la semplice

AMARO. Il dissesto economico che, nel febbraio 2013, portò alla dichiarazione di fallimento della “Farmacia all’Angelo” di Amaro non fu in alcun modo aggravato da prelievi per uso personale o ingiustificati, nè da alcun tipo di distrazione di denaro. All’allora titolare Michele Cabas, 51 anni, di San Giovanni al Natisone, quindi, non va contestato il reato della bancarotta fraudolenta e neppure attribuita la colpa delle perdite di esercizio che si andarono sommando negli anni. Sì, invece quella di avere rinviato a oltranza la decisione di portare i libri in tribunale, pur in presenza di dati gestionali negativi. Si è concluso così, con l’assoluzione dall’ipotesi più grave “perchè il fatto non sussiste” e con la una condanna a 4 mesi di reclusione per quella più lieve della bancarotta semplice, il processo scaturito dalla nota “debacle” finanziaria della prima farmacia in regione costretta ad alzare bandiera bianca.

La sentenza è stata pronunciata ieri dal gup del tribunale di Udine, Daniele Faleschini Barnaba, che ha concesso all’imputato il doppio beneficio della sospensione condizionale e della non menzione. Il pm Luca Olivotto, titolare del fascicolo, aveva concluso la discussione chiedendo a propria volta l’assoluzione per la fraudolenta e 4 mesi per la semplice. Il processo è stato celebrato innanzi al gup, a seguito della richiesta del difensore, avvocato Roberto Mete, di ammissione al rito abbreviato, condizionato all’acquisizione di una consulenza tecnica, esperita dal professionista di parte, il commercialista Alessandro Ambrosio, di Udine.

La presunta distrazione di attivo era stata indicata dalla Procura in 123.357 euro, equivalenti all’ammontare dei prelievi personali effettuati da Cabas nel periodo 2007-2012 e, in tesi accusatoria, non giustificati, in quanto eseguiti in presenza di una situazione gestionale già fortemente compromessa. Le perdite di esercizio, tutte riportate nei bilanci, si erano incrementate fino a toccare, a chiusura del 2012, la quota di 195.682 euro. Alla stessa data, l’indebitamento verso banche e fornitori aveva superato il milione di euro, a fronte di un fatturato annuo di circa 350 mila euro.

All’esito dell’esame del consulente, con riferimento all’ipotesi più grave della bancarotta fraudolenta, anche il pm ha fatto propri gli argomenti difensivi, chiedendo il proscioglimento - così come poi il legale - e valorizzando invece la conduzione dei prelievi ai bisogni personali del farmacista, senza considerarli più, quindi, sproporzionati o esorbitanti. Confermata, invece, la tesi relativa alla bancarotta semplice. Sul punto, l’avvocato Mete ha evidenziato come fosse «di assoluto rilievo il peso dell’avviamento iniziale dell’impresa, contabilizzato di anno in anno, che il farmacista non aveva più potuto sopportare, anche in conseguenza della grave crisi economica, posto che un utile di esercizio è sempre maturato». Lette le motivazioni, si procederà in appello. (l.d.f.)

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