Fatica, clima teso e paghe più leggere: nuove dimissioni tra gli infermieri a Pordenone
PORDENONE. Lunedì 25 aprile si festeggia la Liberazione. E vorrebbe tanto poterlo fare anche chi lavora in sanità, allargando il concetto alla propria situazione professionale.
Non bastasse la lotta alla pandemia, i camici bianchi hanno dovuto fronteggiare negli ultimi tempi un clima di fatica, tensione e sottorganico sfociato, dopo il taglio alle buste paga sulle risorse aggiuntive legate ai turni, nella dichiarazione di sciopero del 13 maggio e in un numero crescente di dimissioni.
Il malessere, però, a Pordenone viene da lontano. Il direttore generale dell’Asfo Joseph Polimeni, con contratto in scadenza a dicembre 2024, è stato sempre difeso dalla Regione.
Si è passati sopra la fuga delle professionalità dai reparti, l’insofferenza in aumento in tutte le categorie (colleghi, sindacati, partiti politici di opposizione e via via anche di maggioranza), il primo sciopero dichiarato contro la direzione generale, la bocciatura dell’atto aziendale, la lettera del primario di rianimazione, trapelata non per sua volontà, con la denuncia di una serie di illiceità nelle condizioni di lavoro, e infine il secondo sciopero, calendarizzato per il 13 maggio.
L’altro giorno, però, un altro carico da undici: l’uscita del direttore generale alla presentazione della rinnovata pneumologia: «Qui i primari vanno in pensione, ma poi rimangono in attività sommerse».
Il vicegovernatore del Fvg con delega alla salute, Riccardo Riccardi, ha telefonato all’ex dirigente di pneumologia per rasserenare gli animi e ha deciso di scendere in campo in prima persona. Rimpiazzerà Polimeni al tavolo coi sindacati, convocati per martedì in Regione, e tenterà di scongiurare lo sciopero.
Parallelamente, in corsia, si vive una situazione di stanchezza e frustrazione, legata anche all’aumento del numero delle professionalità perse da reparti importanti come la rianimazione a Pordenone, o la realtà sacilese.
Infermieri con grande esperienza che non è facile rimpiazzare, né in termini numerici né sotto il profilo delle conoscenze. Sempre più camici bianchi in Asfo si stanno dimettendo, molti per accettare offerte da privati (Arkesis in particolare, di recente) attratti da stipendi fissi con base più alta.
A pesare sono stati il taglio delle maggiorazioni legate ai turni in Asfo e la possibilità di vedere, nel privato, la paga base incrementata da bonus facilmente raggiungibili.
Senza contare la libertà di dedicarsi, per integrare lo stipendio, a lavori extra, preclusi a chi è impiegato nella sanità pubblica. In questo modo la sicurezza del posto fisso, che sino ad ora si era fatta preferire anche rispetto a paghe più alte ma legate all’incertezza sulle sorti a lungo termine dell’operatore privato, oggi non è più così attrattiva.
Una serie di nodi da riallacciare al più presto prima che il livello della sanità pordenonese decada, senza possibilità di recupero. Primo passo: riannodare i fili del dialogo e rimuovere i fattori che lo ostacolano. Proprio quello che Riccardi martedì cercherà di fare coi sindacati. Poi sarà il momento delle decisioni. Magari anche forti, ma sempre più indispensabili.
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