Fedeli in aumento, il centro islamico di Udine punta al raddoppio

UDINE. «Il nostro sogno sarebbe quello di poter raddoppiare gli spazi a disposizione. Lo vorremmo fare per dare alle nostre donne dei locali adeguati per poter svolgere le loro attività, ma anche per poter accogliere tutti i fedeli».
A un anno dall’inaugurazione della sede in via della Rosta, l’associazione culturale “Il Pacifico di Udine” punta ad allargarsi. Nei giorni scorsi è stata avviata una trattativa con i proprietari delle mura dell’esercizio accanto (ora inutilizzato), ma i problemi sono di due tipi. Il primo è di carattere economico.
«Il direttivo è formato solo da cinque persone – spiega il presidente del centro, Hossain Shahdat – e facciamo fatica perfino a pagare l’affitto dove siamo adesso». Il secondo riguarda la convivenza con i condomini. Sul centro culturale pende infatti una seconda causa – la prima è stata vinta dalla comunità bengalese – che potrebbe determinare la sua chiusura. Il regolamento condominiale – dove al piano terra si trova l’associazione – stilato negli anni '60 prevede che nella palazzina possano trovare spazio “solamente abitazioni, negozi o uffici”.
Centri culturali o di preghiera non sarebbero quindi contemplati. E su questo si continua a dibattere. A marzo sarà il tribunale ad emettere il verdetto.
Nel frattempo, la comunità bengalese sta a guardare. Vuole restare in via della Rosta e anzi allargare gli spazi. E anche in questo caso le ragioni sono due. Il primo riguarda l’aumento dei fedeli. “Il nostro luogo di preghiera è frequentato quotidianamente – spiega Shahdat – da una trentina di persone. Ma quando c’è la preghiera del venerdì siamo un centinaio. E questo perchè ci sono tanti richiedenti asilo che sentono l’esigenza di dedicare alcuni minuti della giornata ad Allah».
«E poi – aggiunge – anche le nostre donne hanno bisogno dei loro spazi. Vorremmo ampliarci per dare loro un locale adeguato per le attività femminili». Insomma, i 180 metri quadri a disposizione cominciano a essere pochini, «considerato che questo – precisa Shahdat – non è solo un semplice luogo di preghiera, ma anche un ritrovo per insegnare la cultura araba e aiutare le giovani generazioni a integrarsi con il quartiere. Insegnamo ai nostri bambini il Corano, ma abbiamo anche chiesto a una maestra delle elementari di tenere qualche ora di lezione per insegnarci l’italiano».
Ed è proprio la questione integrazione quella che più sta a cuore alla comunità islamica. «Vogliamo combattere tutte le diffidenze – dice Shahdat –. Noi ci troviamo bene. Siamo contenti. Cerchiamo di avere il massimo rispetto dei residenti. Alle 20.30 chiudiamo il centro. Non creiamo assembramenti nè disordini. Prima, quando non c’eravamo, da quanto ci viene anche raccontato, c’erano ubriachi, gente che spaccava bottiglie. Ora invece abbiamo riportato l’ordine.
La gente che prima abbassava lo sguardo quando passeggiavamo ora ci saluta, ci rispetta, ci parla. Purtroppo c’è sempre qualcuno che rimane della sua idea e combatte con le carte e non ci vuole». «Noi rispettiamo la legge italiana, vogliamo condividere con i friulani questo quartiere e farlo rinascere – conclude il presidente dell’associazione “Il Pacifico” –. Saremo aperti a tutti, anche agli italiani che ci vogliono conoscere da vicino. Questo centro lavorerà per l'integrazione, per una città più accogliente e sicura per tutti.
Per un borgo più bello. Chi ha scelto di vivere in questo Paese e qui è stato accolto si sente parte di esso e vuole solo il suo bene e la convivenza pacifica con tutti quelli che ne fanno parte. Agli italiani e agli abitanti del quartiere dico che non devono avere alcun timore per chi pacificamente altro non chiede se non professare la propria religione, perché da un semplice credente non potrà arrivare nulla di male».
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