Femminicidio di Palmanova. La storia di Nadia, uccisa a 21 anni

La sera del 31 luglio 2017 il fidanzato e collega Francesco Mazzega, di 14 anni più grande, passa a prendere Nadia Orlando dalla casa in cui abita con i genitori. La mattina successiva si consegna alla polizia con il cadavere della giovane in auto. L'avrebbe strozzata dopo la confessione da parte di lei di un tradimento. Una versione che non convince gli inquirenti e che non trova corrispondenza con quanto emerso dall'autopsia
Dignano 2 Agosto 2017. Striscione per l' omicidio a Vidulis. © Foto Petrussi
Dignano 2 Agosto 2017. Striscione per l' omicidio a Vidulis. © Foto Petrussi

A cura di Cinzia Lucchelli

Sono le 9.12 del primo agosto 2017. Alla polizia stradale di Palmanova si presenta un uomo di 35 anni. Si chiama Francesco Mazzega, è originario di Muzzana ma residente a Spilimbergo. «Credo di aver commesso un omicidio», dice ai poliziotti.  Nella Toyota Yaris su cui è arrivato, adagiato sul sedile del passeggero, c’è un cadavere. È quello della sua fidanzata, Nadia Orlando, 21 anni, di Vidulis di Dignano. Qualche ora prima, alle 6, preoccupati per Nadia che non era rincasata e che era irraggiungibile al telefono, i genitori si erano rivolti ai carabinieri di San Daniele per poi denunciarne la scomparsa alle 9. Il padre nella notte l’aveva cercata invano in paese, lungo il Tagliamento, fino alla casa di Francesco, dove aveva constatato la mancanza della macchina.



L’interrogatorio di Francesco comincia alle 12 per concludersi alle 18. La tensione e la prostrazione dell’uomo sono tali che alle 17 la polizia chiama un’ambulanza per una visita.

Gli viene contestato l’omicidio volontario aggravato da futili motivi connessi alla gelosia. Dato lo «stato di prostrazione e di deflessione del tono umorale», che lo aveva indotto a manifestare propositi autolesionistici, il 2 agosto viene trasferito al reparto di psichiatria dell’ospedale di Udine. Viene tenuto in osservazione, piantonato, a tutela della sua incolumità. Per lui il giudice Andrea Comez ha disposto la custodia in carcere al termine delle cure al Santa Maria della Misericordia, applicata il 10 agosto.

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Il 7 agosto viene effettuata l’autopsia sul corpo di Nadia. Il 9 agosto vengono celebrati i funerali, nel parco festeggiamenti di Vidulis di Dignano. Oltre 2500 persone si stringono attorno alla famiglia Orlando. Toccanti le parole del padre, Andrea Orlando: «Il sole splende alto ma non scalda più il cuore e la pelle di Nadia, il suo sorriso era il nostro sole quotidiano. Sono onorato di averti avuto come figlia».

 

 

Francesco e Nadia lavoravano nell’azienda della Lima di San Daniele, specializzata in protesi, e si frequentavano da circa un anno. Avevano da poco trascorso le vacanze insieme in Puglia, da soli, in un villaggio turistico. Nadia era stata presentata in famiglia. Il 29 luglio Francesco l'aveva raggiunta alla sagra di Vidulis, dove lei lavorava ai chioschi con alcune amiche. Sperava che salutasse tutti e stesse con lui, non conosceva nessuno e non si sentiva a proprio agio. «Era infastidita della mia presenza – ha raccontato – e mi diceva di andarmene a casa». Era rimasto ad attenderla fino alle tre di notte. Il giorno successivo non si sentono e non si vedono. Il 31 luglio, mentre sono a lavoro, lui le chiede di vedersi di sera. Vuole un chiarimento.

Lunedì 31 luglio alle 19.30 Mazzega passa a prendere Nadia. Lei indossa canottiera, pantaloncini corti e scarpe da ginnastica. Non ha la borsa, porta con sé solo il cellulare. Avvisa i genitori che sta uscendo per qualche minuto, per un chiarimento con Francesco. I due camminano lungo il greto del Tagliamento, incrociano altre persone. Poi risalgono in macchina, una Toyota Yaris. Lì i toni si fanno più accesi. «Ho chiesto spiegazione rispetto ad alcuni suoi atteggiamenti, sono volate parole grosse e le ho messo le mani attorno al collo premendo sempre più forte», racconta, il giorno dopo, lui. Liberatasi dalla presa Nadia avrebbe cominciato a tossire, lui si sarebbe reso disponibile a portarla al pronto soccorso dell’ospedale di Spilimbergo, lei sarebbe morta prima dell’arrivo. Francesco a quel punto avrebbe cominciato a vagare senza meta e senza chiamare nessuno, arrivando al confine della Slovenia per poi tornare indietro e andare a costituirsi.

 

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Al termine del primo interrogatorio il dirigente della squadra mobile della polizia, Massimiliano Ortolan, spiega che non c’è stata premeditazione: «Erano emerse delle problematiche e il ragazzo intendeva risolverle a parole». «La discussione da pacata si è fatta sempre più accesa». «Durante la discussione, Nadia mi ha detto che mi aveva tradito la sera prima, in sagra, e io ho perso la testa», aveva raccontato Francesco. In un crescendo di toni, la giovane ha reagito tirandogli uno schiaffo e lui, accecato dalla rabbia, l’ha afferrata per il collo e ha stretto, mentre lei cercava di allontanarlo. «Non so quanto è durata la presa», racconta l’indagato. L’effetto, comunque, è fatale. Francesco ammette che ultimamente le discussioni con Nadia erano sempre più frequenti, a causa «alla differenza d’età», 14 anni.


 


I genitori di Nadia non credono alla ricostruzione di Francesco. Il 3 agosto vengono sentiti in questura, a Udine. Tramite il loro legale negano che Nadia abbia tradito Francesco. L’avvocato Fabio Gasparini: «Non risulta alcun tradimento. Stiamo fornendo all’autorità giudiziaria tutti gli elementi a nostra disposizione e in grado anche di salvaguardare l’immagine di Nadia, che in paese era molto conosciuta, integrata e ben voluta». Di Francesco, che con la figlia aveva cominciato a frequentarsi l’estate scorsa, i coniugi Orlando si erano fidati. «Era diventato uno di famiglia – continua il legale – e la loro era una relazione all’apparenza normale». Nella prospettiva dei genitori, tuttavia, quella di Francesco era «una figura molto presente, per certi versi possessiva e quasi ossessiva nella vita di Nadia». Episodi particolari non paiono emergere, non esistono denunce. Ma l’intuito dei genitori, del padre in particolare, lo aveva portato già in precedenza a manifestare qualche perplessità per quella relazione.

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I genitori di Nadia su un foglio di quaderno a quadrettoni lasciano affiorare dal profondo del cuore l’amore per la loro figlia che hanno visto nascere e crescere.



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Anche quanto emerge dall’autopsia non conferma la versione di Francesco. Nadia aveva dei segni sul corpo, ma la morte non è avvenuta per strozzamento, è avvenuta per asfissia da soffocamento. Tra gli oggetti trovati sull’auto c’è un cuscino da divano di colore scuro, lasciato sui sedili posteriori. Prende forma l’ipotesi che Francesco lo abbia usato per coprire bocca e naso e Nadia, impedendole di respirare. Potrebbe essersene servito per uccidere volontariamente (come ipotizzato nel capo d’imputazione formulato dalla Procura) oppure soltanto per farla tacere, finendo però per soffocarla. A sollevare perplessità è anche la presenza di alcune ecchimosi sul corpo della giovane, segno della possibile resistenza opposta alla violenza di Francesco.

Ancora: Francesco durante il primo interrogatorio ha omesso di aver corteggiato e invitato il 30 luglio, giorno prima del delitto, a casa sua per cena un'altra collega. È stata la giovane con cui Mazzega ha trascorso la serata a riferirlo agli inquirenti. L'avevainvitata dopo la lite di sabato con la fidanzata.

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Ci sono una decina di ore ancora da ricostruire, quelle tra l’omicidio e la confessione. Resta da definire l’ora del decesso (per ora collocata tra le 21 e le 24 del 31 luglio); se la morte è stata istantanea o se Nadia avrebbe potuto salvarsi se fosse stata accompagnata subito al più vicino ospedale. Nella ricostruzione di Francesco (Dopo aver lasciato l’abitato di Vidulis si sarebbe diretto dapprima verso il ponte di Dignano e, dopo averlo percorso tutto, sarebbe tornato indietro. Sarebbe poi andato verso la Bassa friulana e poi fino Trieste, arrivando anche oltre il confine. In quella zona avrebbe fatto più di una sosta, ma al momento non si sa esattamente in quali punti, né per quanto tempo. Più tardi, nelle prime ore di martedì, sarebbe andato dalle parti di Monfalcone dove avrebbe anche fatto rifornimento di gasolio. Poi, messosi di nuovo al volante della sua Yaris, avrebbe raggiunto Palmanova, un paese che conosce piuttosto bene. Infine, di fronte all’insegna della polizia stradale avrebbe deciso di presentarsi spontaneamente agli investigatori») gli investigatori ravvisano diverse lacune. Gli agenti della squadra mobile hanno sequestrato i computer che i due usavano nella fabbrica in cui lavoravano.


 

 


 

 

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