Festini con coca, condanne per 27 anni

UDINE. Ventisette anni di reclusione, variamente inflitti a cinque dei sei imputati, a fronte degli oltre trentacinque anni complessivamente chiesti dalla Procura. È arrivata ieri pomeriggio la sentenza che chiude, in primo grado, il processo sui festini con cocaina in villa, scaturito dalle indagini della Squadra mobile culminate, nel 2010, in una serie di arresti, denunce e perquisizioni.
La pena più alta è quella toccata a Franco Lostia, 52 anni, originario di Tarvisio e residente in città: 8 anni, contro i 9 e mezzo proposti dal pm Claudia Danelon, titolare del fascicolo. A seguire, i 6 anni e 6 mesi inflitti a Vitantonio Soldano, 38, di Udine, i 6 anni per Roberto Scortegagna, 64, di Carate Brianza, e per Giacchino Salvatore Acquista, 58, agrigentino residente a New York, e i 6 mesi a Franco Meduri, 60, di Sedilis.
Era stato proprio nell’abitazione di quest’ultimo, medico del lavoro, che l’inchiesta aveva indicato uno dei luoghi in cui sarebbe avvenuto lo sballo. E che, adesso, il verdetto dei collegio giudicante presieduto da Angelica Di Silvestre (a latere, Mauro Qualizza e Luca Carboni), assolvendolo da due dei tre capi d’imputazione che gli erano stati contestati (per lui il pm aveva chiesto 4 anni e 2 mesi), cancella dalla ricostruzione accusatoria.
«Nessun festino e nessun progetto di raffineria – osserva l’avvocato Luciano Missera, che lo difendeva insieme al collega Luciano Meduri –. A restare in piedi è l’episodio meno grave, non a caso derubricato in fatto di lieve entità, relativo alla detenzione di 10 grammi di cocaina e per il quale, nell’aprile 2010, era stato arrestato». Reato per il quale, in attesa dell’appello, matureranno i termini di prescrizione.
A uscire completamente pulito dal processo è Matteo Amoruso, 53 anni, originario di Cerignola e residente a Udine. Fiorista all’ingrosso, era accusato dell’acquisto di 250 grammi di cocaina e della cessione di una sua parte. Il tribunale lo ha assolto (con formula piena dalla prima ipotesi e «poichè già assolto», per lo stesso fatto, nell’ambito di un altro procedimento per cui era stata emessa sentenza a gennaio), anche sulla scorta «dell’inesistenza di qualsivoglia ancorché minimo riscontro – spiega l’avvocato Emanuele Sergo – rispetto alle dichiarazioni rese da Eillj Marian, il confidente e co-imputato, dalle cui dichiarazioni accusatorie prese il via il procedimento».
Per tutti, il collegio giudicante ha escluso l’aggravante dell’ingente quantità. Il che non ha impedito a Lostia, impresario edile all’epoca dei fatti, d’incassare una pena comunque elevata. «Non gli è stata concessa l’attenuante della collaborazione – osserva l’avvocato Guido Galletti –, nonostante la confessione resa fin dalle indagini preliminari e le dichiarazioni che hanno permesso alla polizia di trovare una parte della droga e di decifrare gli appunti di un’agenda». Scontato l’appello.
A finire in carcere, con l’operazione di sette anni fa, era stato anche Soldano, commerciante in auto, assistito dall’avvocato Alberto Tedeschi. Del collegio difensivo che ieri ha discusso il processo facevano parte, inoltre, l’avvocato Salvo Misuraca (per Acquista) e Marino Viani (per Scortegagna). Secondo la polizia, Lostia e i suoi complici avevano progettato di installare una vera e propria raffineria di sostanze stupefacenti a Cave del Predil. Il piano, però, era naufragato sotto i colpi dell’inchiesta giudiziaria. (l.d.f.)
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