Festival del Cambiamento, a Gorizia il forum sulla pace con i giornalisti di guerra

Il 13 maggio nell’anno di Go!2025 il confronto tra i maggiori inviati testimoni dei conflitti. Paoletti: «Da qui può arrivare un contributo tangibile per ricostruire la convivenza tra i popoli»

Piero Tallandini
La presentazione del Festival del Cambiamento (Lasorte)
La presentazione del Festival del Cambiamento (Lasorte)

Torna il Festival del Cambiamento, il forum sui temi dei grandi mutamenti della società e dell’economia promosso dalla Camera di commercio Venezia Giulia, che quest’anno focalizza l’attenzione sul giornalismo di guerra, sul concetto di pace e sul dibattito che riguarda il riarmo, con un’edizione che già nel titolo racconta molto: “Gorizia – Città della Pace Giusta”. Il capoluogo isontino, Capitale europea della cultura 2025 assieme a Nova Gorica, si propone come sede ideale per affrontare i temi proposti, esempio concreto di come si possano costruire nel tempo dialogo, convivenza, rispetto e cultura della pace.

Il Festival, in programma il 13 maggio al teatro Verdi di Gorizia, è stato presentato nel palazzo della Regione dal governatore Massimiliano Fedriga, dal presidente dell’ente camerale Antonio Paoletti, da Emanuela Verger della European House Ambrosetti, partner del progetto, e dall’inviato di guerra triestino Fausto Biloslavo. «Un’edizione che dedichiamo al tema più attuale, quello della pace e, in particolare, al confronto su cosa sia la pace giusta – ha affermato Paoletti –. Gorizia, ex Berlino d’Italia, ha saputo costruire negli anni un futuro condiviso tra due popoli. Il Festival del Cambiamento si propone come un laboratorio di pace, un osservatorio sulle guerre e non solo su quella in Ucraina. Oggi, nel mondo, sono attivi 56 conflitti. Da Gorizia può arrivare un contributo tangibile per costruire le basi della pace».

Festival del Cambiamento, Biloslavo: "Così si può discutere di pace"

Il confronto vedrà sul palco i testimoni diretti di quanto accade nei territori di guerra, inviati che rischiano la vita per raccontare senza filtri la quotidianità dei conflitti. «Sono onorato di essere stato coinvolto in questa iniziativa proprio nella mia regione – ha sottolineato Biloslavo, appena tornato dall’Ucraina –. Ho chiamato a raccolta alcuni dei colleghi che più si sono distinti nel difficile mestiere del giornalismo di guerra, come il veterano Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera, l’inviato di Repubblica Fabio Tonacci, Stefania Battistini, inviata del Tg1, il goriziano Andrea Romoli, del Tg2, il fotoreporter Gabriele Micalizzi, rimasto ferito in Siria. E poi Francesco Semprini, corrispondente per la Stampa da New York. Gorizia è la scelta più azzeccata, ha in sé le cicatrici del secolo breve, a cominciare dalla Grande guerra. Non tutti sanno che su quel fronte furono impegnati i primi grandi giornalisti di guerra come Luigi Barzini, lo stesso Hemingway e Alice Shalek».

Biloslavo, dopo aver ricordato il pesante tributo pagato dal Friuli Venezia Giulia («cinque colleghi di questa regione sono morti negli anni nelle zone di guerra»), ha spiegato che «cercheremo di raccontare il lato oscuro dell’umanità come abbiamo sempre fatto, dal campo, ci confronteremo sulla pace, sulla pace giusta, concetto che forse rappresenta una chimera e il cui raggiungimento può richiedere intere generazioni come conferma la guerra nell’ex Jugoslavia. Ma risultati concreti e immediati si possono raggiungere, pur con difficoltà, anche in Ucraina».

«Ho passato le ultime settimane nel Donbass e vi garantisco che un cessate il fuoco è assolutamente necessario – ha aggiunto –. I russi stanno perdendo tantissimi uomini e i difensori ucraini vivono in tane tre metri sotto terra. Vadim, un comandante di plotone, mi descriveva quanto la guerra in trincea sia terrificante. Mi ha raccontato che un suo soldato ha ucciso un nemico che stava entrando nella trincea e che prima di sparargli lo ha guardato in faccia. Il soldato adesso dice che se lo sogna ogni notte, che vede quel russo al suo fianco, che gli parla. Ecco la vera realtà della guerra. È da questa guerra che dobbiamo uscire. Se non con una pace giusta, almeno con un cessate il fuoco».

«Queste testimonianze dal fronte ci offrono una capacità di riflessione e analisi che altrimenti non avremmo – ha osservato Fedriga –. Con il Festival del Cambiamento non vogliamo dare delle risposte assolute, ma confrontarci, porci delle domande, superando la propaganda feroce che stiamo vedendo adesso e che confonde l’opinione pubblica. Propaganda delle guerra e propaganda della pace».

Fedriga su Ucraina e riarmo Ue: “Bisogna uscire dallo scontro tra tifoserie della pace e della guerra”

In primo piano anche la questione del riarmo dell’Ue. «Non si può essere ideologici – ha commentato al riguardo il governatore –. Una difesa forte è fondamentale per sostenere gli interessi nazionali, che non vuol dire usare le armi, ma pensare di fare questo solo in relazione al conflitto tra Ucraina e Russia è sbagliato nel metodo. Perché i tempi non ci sono per un’operazione del genere. Ecco perché serve equilibrio. Pensiamo a un altro esempio come il canale di Suez: se nessuno difende le rotte ammazziamo l’economia del mare. E se non c’è economia non ci sono né scuole né ospedali».

«Tra i temi trattati – così Emanuela Verger – ci sarà l’analisi delle ragioni della pace, intesa non solo come assenza di ostilità, ma come presenza di giustizia, equità e rispetto per i diritti e la dignità umani, come unica via verso la riconciliazione e la prosperità».

Infine, sempre in tema di giornalismo, in questa edizione del Festival del Cambiamento parteciperà al progetto il Gruppo Nord Est Multimedia, che edita anche questo giornale. —

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