Fidanzati uccisi, la Procura di Pordenone smonta il giallo dell’identikit

Martani: «Sì, somiglia a Ruotolo, ma è una coincidenza». La docente-testimone: «Mai firmato quella ricostruzione»

PORDENONE. Un “giallo” che lo stesso procuratore della Repubblica di Pordenone ha tenuto ieri a smontare.

L’identikit del giovane uomo con berretto scuro diffuso già in aprile dalla polizia e che secondo tanti osservatori ricorderebbe molto i lineamenti di Giosuè Ruotolo – il 26enne militare unico indagato per l’omicidio di Teresa e Trifone – non è al centro di alcun mistero nè di alcuna confusione «se non quella che si finisce per alimentare diffondendo una raffigurazione che, dal punto di vista dell’indagine, non ha rilevanza».

Fidanzati uccisi, un nuovo giallo

A chiarirlo è stato ieri Marco Martani che è tornato sull’argomento dopo la puntata di mercoledì sera della trasmissione “Chi l’ha visto”.

In primo piano proprio la valenza di quell’identikit, elaborato nei giorni successivi al delitto (17 marzo) in Questura su segnalazione di Rossella, professoressa di informatica pordenonese che si era imbattuta verso le 17.15 nel ragazzo con berretto raffigurato poi nel disegno mentre come ogni giorno stava portando a spasso il suo cane, in via Leo Gerolami.

Quel ragazzo continuava a stazionare a due passi dal palasport dove poco più di due ore dopo, Teresa e Trifone sarebbero stati uccisi. La trasmissione ha posto l’accento su un interrogativo: perché gli investigatori evitano di tenere in considerazione un identikit rivelatosi a distanza di mesi così somigliante all’indagato?

Per giunta un soggetto descritto dalla signora come un giovane che parlava con accento campano (Giosuè è di Somma Vesuviana)?

«La donna sull’indicazione della quale è stato realizzato l’identikit ha già precisato che lei non ci riconosce Ruotolo – ha sottolineato ieri il dottor Martani –. Nel corso del lavoro investigativo è stato possibile identificare l’uomo che la signora aveva incontrato e che stava aspettando alcuni amici con i quali si è poi recato in una località fuori dalla provincia di Pordenone dove si trovava al momento dell’omicidio. Ecco perché non posso che ribadire la mancanza di valore di quell’identikit per le indagini. Continuare a diffonderlo non fa che alimentare la confusione. Tra l’altro pare improbabile che un uomo intenzionato a commettere un omicidio si faccia vedere nelle ore precedenti sul luogo del delitto, scambiando battute con i passanti. Si presume che cercherebbe di passare inosservato».

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«É vero che i lineamenti dell’identikit sono compatibili con quelli di Ruotolo – ha aggiunto il procuratore –. Sì, gli somiglia ma è una coincidenza. E comunque risulta che a quell’ora Ruotolo fosse in caserma o già a casa».

Altro particolare emerso ieri: come riferiamo nell’articolo in alto, la professoressa ha precisato di «non aver firmato l’identikit».

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