Fidanzati uccisi, parla il procuratore: "Per 6 mesi i coinquilini fornirono l’alibi a Giosuè"

Martani: «Se ci avessero detto che era uscito di casa, l’avremmo indagato prima». Tre miliardi di byte al setaccio fra pc e cellulari di Ruotolo e della sua fidanzata

PORDENONE. «Se avessimo saputo prima che Giosuè Ruotolo si era assentato dall’appartamento per tre quarti d’ora, coincidenti con l’orario del delitto, può essere che si sarebbe arrivati prima a indagarlo». A dirlo, al microfono di Chi l’ha visto, è il procuratore capo della Repubblica Marco Martani, che aggiunge, sollecitato da Nicola Endimioni sul punto: «Di fatto, per circa sei mesi, i coinquilini hanno fornito un alibi a Ruotolo».

In modo consapevole? «Non sono in grado di fare affermazioni – ribatte Martani, intervistato da Chi l’ha visto – in merito alla consapevolezza o meno di aver fornito un alibi a un soggetto potenzialmente indiziato e dal punto di vista delle indagini è superfluo, perché che si sia trattato di buonafede, superficialità o copertura consapevole, non siamo più in presenza di una condotta punibile».

Questo perché la ritrattazione prima del dibattimento costituisce, secondo il codice penale, causa di non punibilità.

Intanto gli inquirenti stanno passando al setaccio tutti i supporti informatici sequestrati a Giosuè Ruotolo, unico indagato, al momento, per il duplice omicidio di via Interna. Per completare l’esame sulle copie forensi degli hard disk la Procura ha concesso ai consulenti informatici sessanta giorni di tempo. Gli investigatori stanno scandagliando più di tremila miliardi di byte, tre terabyte, una mole di dati immensa, racchiusa nei quattro cellulari sequestrati a Ruotolo, nel tablet, nei numerosi computer da tavolo e portatili ma anche nel telefonino e computer sequestrati alla fidanzata dell’indagato.

Si cercano indizi e movente fra i messaggi e le telefonate fra Giosuè e la sua fidanzata, ma anche nei file contenuti in tablet e computer, mentre si attendono gli esiti degli esami dei Ris di Parma sulle varie consulenze tecniche (dattiloscopica, merceologica, biologica, tossicologica, balistica). Risultati che rappresenterebbero, per gli inquirenti, la classica «ciliegina sulla torta». Ma la Procura avrebbe altro in mano, che ancora non è mai trapelato dal segreto istruttorio.

Qualcuno ha visto la Beretta modello 1922 prima del duplice omicidio e sarebbe in grado di associarla al killer dei due fidanzati? Al momento la ricostruzione della storia della pistola è ferma alla data di fabbricazione: sarà un lavoro molto complesso, visto che bisogna spulciare gli archivi cartacei di tutta Italia per risalire all’ultimo proprietario dell’arma del delitto.

Intanto gli inquirenti si preparano a sentire nuovamente i testimoni presenti quella sera sulla scena del crimine e la fidanzata di Giosuè, alla luce dei nuovi riscontri effettuati dopo l’interrogatorio del giovane.

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