Fidanzati uccisi, parla la difesa di Ruotolo: "Abbiamo ricostruzioni alternative. In questo processo solo interpretazioni"

Giosuè Ruotolo è stato condannato all'ergastolo per il duplice omicidio di Trifone Ragone e della fidanzata Teresa Costanza, avvenuto il 17 marzo 2015 in un parcheggio del palasport di Pordenone

Fidanzati uccisi a Pordenone, Ruotolo condannato all'ergastolo

TRIESTE. «In questo processo c'è una continua interpretazione per arrivare a conclusioni che sono diverse dal dichiarato». Lo ha affermato uno dei legali difensori di Giosuè Ruotolo, Giuseppe Esposito, al termine dell'udienza del processo d'appello, tenutasi oggi a Trieste, in cui davanti alla Corte d'Assise d'Appello, è stata sentita la difesa.

Ruotolo, ex commilitone originario di Somma Vesuviana, è stato condannato in primo grado per il duplice omicidio di Trifone Ragone e della fidanzata Teresa Costanza, avvenuto il 17 marzo 2015 nel parcheggio del palasport di Pordenone: «Abbiamo fondato la difesa sull'inesistenza della lite che sarebbe stata all'origine dell'omicidio - ha spiegato Esposito - dimostrando che è il frutto della falsa dichiarazione dei due coinquilini» di Ruotolo, e «sull'assenza di prove biologiche di tracce ematiche nella vettura di Ruotolo, sui mobili, sulla sua persona».

«Abbiamo inoltre dato delle ricostruzioni alternative sui tempi dell'omicidio». E affermato che «i testimoni che dicono di aver visto Ruotolo all'interno del parcheggio in realtà non dicono di aver visto Ruotolo». L'imputato, ha aggiunto chiudendo la sua arringa l'altro legale difensore, Roberto Rigoni Stern, «era andato via prima» che avvenisse il delitto. Su queste ricostruzioni le parti civili promettono di replicare «punto per punto» nel corso della prossima udienza che è stata fissata per l'8 febbraio.

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«La difesa - osserva Giacomo Triolo, che rappresenta i familiari di Teresa - ha detto che gli indizi devono essere visti in una serie di complessità e dinamicità. È vero, ma ha dimenticato aspetti importanti in questa vicenda», come ad esempio che «le indagini sono iniziate dopo sei mesi perché Ruotolo ha dichiarato che non era sul luogo del delitto, non permettendo di fare quegli interventi da parte degli inquirenti per verificare realmente se c'erano anche delle prove scientifiche di Dna o quant'altro». «La difesa - ha aggiunto Triolo - ha tentato in qualche modo di screditare i testimoni e anche altri militari, ma è proprio Ruotolo che ha detto falsità. Ritengo che la sentenza della Corte d'Assise sia granitica» e che «non sia stata scalfita dall'arringa difensiva».

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