Fidanzati uccisi, si stringe il cerchio sull’arma del delitto
PORDENONE. Il perito balistico Piero Benedetti ha chiesto 30 giorni di proroga per il suo verdetto. Vuole avvicinarsi ancora di più all’arma del delitto di via Interna. E alla firma dell’assassino.
Si conosce finora solamente il calibro della pistola, 7.65, utilizzata dallo spietato killer per freddare, con cinque colpi andati a segno, i due fidanzati Teresa Costanza e Trifone Ragone, all’uscita dalla palestra di pesistica il 17 marazo scorso.
«Non si riuscirà a individuare – mette le mani avanti il procuratore della Repubblica Marco Martani – il tipo di pistola, ma sicuramente si potrà restringere il campo a una rosa di modelli».
E già questo potrebbe essere un utile elemento per dare la svolta alle indagini, visto che si potrebbe risalire alla cerchia di detentori dei modelli di arma da fuoco individuati da Benedetti, l’esperto di balistica che ha contribuito già alle indagini su Marta Russo, Carlo Giuliani e sul caso Unabomber.
L’esito dovrebbe arrrivare sul tavolo del pm Pierumberto Vallerin entro la fine del mese.
La procura ha disposto anche gli esami tossicologici sulle salme dei due fidanzati: non si vuole lasciare nulla di intentato. La squadra del Ros dei carabinieri è ancora in riva al Noncello, una quarantina di militari dell’Arma sono impegnati costantemente nell’attività investigativa.
Un’indagine mastodontica, che si avvale di cinque perizie in tutto: medico-legale (già depositata), informatica (tuttora in corso), tossicologica, le analisi dei Ris di Parma (su impronte dattiloscopiche e campioni biologici) e infine la perizia balistica.
Più di quattrocento i verbali di persone informate sui fatti sono state raccolte dai carabinieri di Pordenone, con la collaborazione degli altri comandi (in Puglia, Sicilia, a Milano).
Le indagini hanno seguito, passo dopo passo, gli spostamenti della coppia, da Lodi, dove vive la famiglia di Teresa, ad Adelfia, dove vivono i familiari di Trifone, dalla movida milanese agli ambienti della caserma, dai contesti sociali pordenonesi al mondo delle palestre e del crossfit, fino alla Svizzera.
Passati al setaccio i cellulari e i computer portatili dei due giovani: ogni conversazione su whatsapp o su Facebook è al vaglio degli inquirenti. Si cerca il movente che ha portato al barbaro omicidio. Nessuna pista è al momento esclusa. Dopo tre mesi il killer non ha ancora un volto.
Ma la sua sagoma comincia a prendere forma. L’appello toccante di Eleonora Ferrante, madre di Trifone, sentito a Chi l’ha visto, ha rafforzato l’impegno degli inquirenti. A Pordenone nessuno dimentica. Si lavora instancabilmente per risolvere il caso.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto