Si finge un medico per vedere il figlio: madre condannata a sette mesi

Malgrado le fosse stata sospesa la responsabilità genitoriale, la donna si è presentata al Gervasutta con un camice bianco. Ha convinto un’educatrice a consegnarle il bambino, per poi essere bloccata poco dopo

Alessandro Cesare
Il tribunale di Udine, dov'è stata pronunciata la sentenza di condanna
Il tribunale di Udine, dov'è stata pronunciata la sentenza di condanna

Si è presentata all’ospedale Gervasutta di Udine con indosso un camice bianco da medico, riuscendo a sottrarre alla vigilanza di un’educatrice un minore. Quel bambino era suo figlio, ma lei si era vista sospendere la responsabilità genitoriale poco prima. Una vicenda che ha coinvolto una quarantanovenne di Udine che lunedì 10 febbraio è stata condannata dal tribunale di Udine a 7 mesi di reclusione (con sospensione condizionale della pena) e a un anno di libertà vigilata con l’obbligo di seguire le attività del Centro di salute mentale o di uno psichiatra. A emettere la sentenza è stato il giudice Matteo Carlisi.

La donna, difesa dall’avvocato Erica Cicuttini, era accusata di tentata sottrazione di minore e sostituzione di persona. Stando a quanto ricostruito dall’accusa, nell’agosto 2021, la madre si era presentata al Gervasutta con un camice bianco. Spacciandosi per un medico aveva convinto l’educatrice della casa famiglia di Faedis “Luigi Scrosoppi”, che in quel momento stava accompagnando il minore per una visita fisiatrica, a consegnargli il bambino.

«Ha preso il minore per un polso e si è allontanata repentinamente – è la descrizione del fatto fornita dalla Procura di Udine – con l’intenzione di sottrarre il bambino da colei che ne aveva la vigilanza». L’educatrice, però, insospettitasi dalla circostanza e dall’apparizione di questo nuovo “medico”, con l’aiuto di diversi operatori presenti in ospedale, era riuscita a bloccare la donna. In seguito era emerso come alla quarantanovenne, poco prima, fosse stata sospesa la potestà genitoriale, dandole modo di incontrare il figlio solo durante incontri programmati e protetti. Una misura resa più rigida dopo l’episodio del Gervasutta.

Una ricostruzione che non ha convinto la difesa, con l’avvocato Cicuttini che ha rigettato l’accusa riferita alla donna di voler sottrarre il figlio: «Il suo intento era incontrarlo per passare qualche istante in più in sua compagnia». Per quanto riguarda il reato di sostituzione di persona, il legale ha ricordato come la donna, essendo farmacista, potesse indossare il camice di lavoro, oltre a sottolineare come in quel momento la signora stesse attraversando un periodo difficile, «con la sua facoltà di intendere e di volere – ha chiuso Cicuttini – che si stava disperdendo».

Linea difensiva che però non è bastata a convincere il giudice a far evitare una condanna alla quarantanovenne.

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