Finte visite mediche a cani già morti: sequestro da un milione

Sigilli al Rifugio di Villotta di Chions. Indagine sui fondi erogati da 53 Comuni del Nord Est. Sigilli su conti bancari e su 21 immobili tra cui una villa e la stessa struttura che quindi perde la sua operatività

Bruno Oliveti
Animali ricoverati senza attuare le procedure di riabilitazione previste e spesso trasferiti dal Canile di Villotta di Chions (Pordenone)
Animali ricoverati senza attuare le procedure di riabilitazione previste e spesso trasferiti dal Canile di Villotta di Chions (Pordenone)

Ventisette conti correnti e ventuno immobili sequestrati: non c’è pace per il canile “Il rifugio” di Villotta di Chions, su cui ieri si è abbattuta la scure della guardia di finanza del comando provinciale di Pordenone, la quale, su ordine della Corte dei conti, ha proceduto al maxi-sequestro nei confronti dell’amministratore unico Aurora Bozzer e del marito e collaboratore Leandro Panzieri, per quasi un milione di euro.

«Le indagini delle Fiamme gialle del nucleo di polizia economico-finanziaria della Destra Tagliamento – si legge nella nota della gdf – hanno analizzato gli ingenti contributi pubblici elargiti alla struttura tra il 2011 ed il 2020, da ben 53 Comuni situati tra Friuli Venezia Giulia, Veneto e Puglia, per garantire il benessere degli animali ospitati, scoprendo che 986 mila 846 euro riguardavano prestazioni veterinarie certificate, mai erogate, e che, tra gli animali indicati come “ospiti” della struttura, ne figuravano 152 in realtà tenuti, in pessime condizioni igienico-sanitarie, nell’abitazione della coppia, di cui 132 già deceduti».

Le Fiamme gialle avevano riferito i fatti alla Procura di Pordenone, che qualche giorno fa ha rinviato a giudizio i coniugi per l’ipotesi di reato di truffa continuata ai danni di enti territoriali.

Quindi hanno segnalato il rilevante danno erariale alla Procura regionale della Corte dei conti, sotto la cui direzione hanno, quindi, ricostruito il flusso dei fondi percepiti dal canile negli ultimi dieci anni.

A conclusione delle indagini la Procura contabile ha chiesto e ottenuto il sequestro conservativo dell’importo che sarebbe stato indebitamente incassato su 27 rapporti bancari e 21 beni immobili, tra cui lo stesso canile e la villa di proprietà. I Comuni interessati sono in gran parte del Friuli occidentale (36 su 53), 7 della provincia di Udine e 9 del Veneto orientale.

Uno, invece, appartiene alla Città metropolitana di Bari: riguarda infatti un cagnolino del canile il cui chip risulta essere stato applicato a Monopoli. Come sia poi arrivato nel Pordenonese non è dato sapere.

Nell’indagine della Corte dei conti i gestori del canile sono rappresentati dagli avvocati Fusco di Trieste e Petternella di Rovigo, mentre nel procedimento penale i difensori sono Alessandra Marchi e Bruno Malattia del Foro di Pordenone.

Quest’ultimo ha voluto fare alcune precisazioni: «Da quanto si è potuto apprendere – ha affermato l’avvocato Malattia – l’azione promossa dalla Procura regionale presso la Corte dei conti e il sequestro concesso inaudita altera parte si basano sulle indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Pordenone e su fatti che impropriamente vengono dati per certi così da compromettere in modo indebito l’immagine della dottoressa Bozzer.

Tutto dovrà essere chiarito nel dibattimento già fissato anche su nostra richiesta avanti il tribunale di Pordenone per il 15 aprile.

Stupisce, ma forse meglio si direbbe indigna, che si sia potuto affermare che i cani costituivano per la dottoressa Bozzer delle “galline dalle uova d’oro” dato che la stessa ha dedicato la sua vita e tutte le sue risorse finanziarie per la loro cura.

Certo è che il canile di Villotta, diversamente da quanto si sostiene , non ha mai ricevuto contributi dai Comuni, ma solo i pagamenti per un servizio dagli stessi appaltato e che, paradossalmente, il sequestro eseguito su tutti cespiti priva di operatività la struttura con tutte le conseguenze del caso».

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