Friuli Venezia Giulia e Veneto: le due regioni alla prova della seconda ondata. Tutti i dati dalla mortalità alle terapie intensive

Da qualche settimana l’epidemia ha ricominciato a correre anche a Nord-Est ma, dati alla mano, l’impatto della pandemia sembra essere abbastanza diverso tra le due regioni 
 
A separarle ci sono pochi chilometri e la sfumatura di un semaforo che è già contestata. Si, perché se da un lato Fedriga chiede chiarimenti sulla scelta di posizionare il Friuli Venezia Giulia in zona arancione inasprendo, di fatto, vincoli e divieti, dall’altro Zaia paventa da giorni per il Veneto il rischio di finire, a sua volta, nelle aree del Paese a rischio medio.
 
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Ma i parametri con i quali i due amministratori leghisti sono chiamati a confrontarsi sono abbastanza simili dall’inizio della seconda ondata. Il Nord-Est del Paese si conferma un’area “virtuosa” con più posti di terapia intensiva per abitanti, più capacità diagnostiche e strutture sanitarie radicate sul territorio rispetto a molte altre aree d’Italia. Ma tutto questo sta bastando per affrontare la seconda ondata?
 
Il virus è ricominciato a correre e diffondersi in tutto il Nord-Est massivamente nel corso dello scorso mese di ottobre, come si evince facilmente dal grafico sotto. 
 
 
Ma l’incidenza maggiore della malattia sembra manifestarsi maggiormente più nel Veneto che in Friuli Venezia Giulia nelle ultime due settimane. Nella giornata di ieri (17 novembre) il Veneto ha fatto registrare ben 3124 nuovi casi contro i 456 del Friuli Venezia Giulia. Ammesso che è inutile fare paragoni su termini assoluti per regioni così demograficamente differenti, il rapporto tra numero di casi per tamponi effettuati è di una media del 16.8% per il Veneto contro una del 9% per il Friuli Venezia Giulia. Ma perché allora le due regioni sono in fasce diverse?
 
La risposta risiede nei 21 parametri predisposti dal Governo. Quello che si osserva è che però anche il tasso di ospedalizzazioni dovute al Covid è stato  molto più sostenuto in Veneto che nel Friuli Venezia Giulia nelle ultime settimane.
 
 
In particolare l’impennata della curva registrata la scorsa settimana ha convinto Zaia a emanare una nuova ordinanza nella speranza di frenare l’epidemia. 
 
Per comprendere meglio il quadro in cui ci muoviamo è allora necessario allargare il campo e concentrarsi su un qualcosa che si è rilevato fondamentale per affrontare al meglio l’epidemia: il tasso di saturazione delle terapie intensive e dei posti letti. Ma anche in questo caso entrambe le regioni si muovono in un quadro di difficoltà che però è al momento inferiore a quella registrata su scala nazionale. 
 
 
Anche per quanto riguarda il numero di tamponi messi in campo entrambe Veneto e Friuli Venezia Giulia hanno dimostrato una capacità di fare attività di screening su ampie fasce di popolazione superiore a quello che si è fatto su scala nazionale. 
 
 
Lo scorso 12 novembre la Regione Friuli Venezia Giulia era riuscita a “tamponare” oltre il 20% della popolazione residente, una media superiore a quella del Veneto e a quella nazionale. In cosa differiscono le due regioni allora? In due indicatori che ci danno il polso della differente reazione al ritorno dell’epidemia sono sostanzialmente due.
 
E uno dei parametri più significativi è vedere l’innalzamento del tasso di letalità dovuto al Covid che proietta il Friuli Venezia Giulia verso un triste primato. In regione il rapporto tra malati e decessi è stato, durante la scorse settimane, il doppio di quelli che si registrava in Veneto e di circa 2.5 punti più elevato di quello riscontrato in Italia, anche se negli ultimi giorni si osservano i primi segnali di contro-tendenza, probabilmente dovuti al maggior numero di casi, in rapporto agli abitanti, riscontrati nella regione amministrata da Zaia rispetto a quelli del vicino Friuli Venezia Giulia.
 
 
Una dinamica che si riscontra anche se si guarda alla mortalità; ovvero all’aumento dei decessi ogni 100.000 abitanti, indice che sembra più puntuale del rapporto tra malati e decessi. 
 
 
Anche in questo caso in Friuli Venezia Giulia si è registrata, nelle ultime settimane, una mortalità nettamente superiore a quella nazionale e a quella del vicino Veneto. Dati che possono sicuramente dipendere da molti fattori, ma che collocano la Regione in una fascia di maggior rischio. Un aspetto influenzato sicuramente da molti fattori e sottoposto ad altre fluttuazioni, sul quale però è impossibile non considerare anche il fattore dell’età. Sappiamo che l’età media dei decessi per Covid è superiore agli 80 anni e che, dopo i 60 anni, possono insorgere numerose complicazioni, anche a causa delle malattie croniche legate all’anagrafe.
 
Il 26.4% della popolazione in Friuli ha oltre 65 anni, mentre l'età media in regione è di 47,3 anni. Rimanendo a Nord-Est e spostandosi nel vicino Veneto, ci si accorge che l’età media qui si abbassa a 45,4 anni, mentre solo il 22,1% della popolazione ha più di 65 anni, la fascia più a rischio per le complicazioni da Covid-19. Da un punto di vista demografico, del resto, è l’intero Paese ad essere a rischio. L’età media nello Stivale era di 45,2 anni al Gennaio 2020, mentre il 23,1% della popolazione aveva più di 65 anni. Da molti anni in Italia si nasce di meno e si vive più a lungo: un mix che ha influito, e non poco, anche sulla gestione della pandemia che ha sconvolto le nostre vite.
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