Frode fiscale per 5 milioni, Luigi Cimolai a processo
L’imprenditore è accusato accusato di evasione d’imposta per un’operazione del 2005. La difesa: agì in buona fede. Il giudizio comincerà lunedì.
PORDENONE. Frode fiscale per oltre cinque milioni di euro d’imposta evasa nell’arco di un anno contabile: è l’accusa dalla quale l’imprenditore Luigi Cimolai dovrà difendersi, nel processo al via da lunedì, davanti al giudice monocratico del tribunale di Pordenone, Monica Biasutti. La stessa della quale sono stati chiamati a rispondere anche una decina di altri “big”, tra industriali e professionisti friulani - a cominciare dal presidente della Confindustria del Fvg, Alessandro Calligaris -, nell’ambito di un’analoga inchiesta avviata dalla Procura di Udine e rispetto alla quale è stato da poco notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Il procedimento a carico di Cimolai si trova in una fase più avanzata: chiusa l’inchiesta, con la richiesta del pm di rinvio a giudizio, e varcata, il 23 marzo scorso, di fronte al Gup Patrizia Botteri, la soglia dell’udienza preliminare, il “re dell’acciaio” si prepara ora ad affrontare il vaglio dibattimentale.
Tutto ruota attorno a un’operazione finanziaria eseguita nel 2005. Per l’esattezza, un contratto di finanziamento, che, secondo la ricostruzione accusatoria del sostituto procuratore Annita Sorti, titolare del fascicolo, Cimolai avrebbe sottoscritto al fine di evadere le imposte sui redditi. Erano stati i controlli a tappeto avviati l’estate scorsa dall’Agenzia delle Entrate a portare alla luce l’anomalia contabile. A quanto appreso, le verifiche condotte sulla dichiarazione di quell’anno avrebbero evidenziato circa 15,5 milioni di euro di elementi attivi in meno, per un’evasione d’imposta pari a complessivi 5,1 milioni di euro. Da qui, la segnalazione alla Procura, gli accertamenti delegati alla Guardia di finanza e la formulazione dell’ipotesi di reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Violazione prevista dall’articolo 3 del Decreto legislativo 74 del 2000.
Poche parole da parte del difensore di Cimolai, avvocato Bruno Malattia, che, in vista dell’udienza della settimana prossima, si è limitato a ricordare come la società, sotto il profilo fiscale, abbia agito nel segno della massima correttezza. Tanto da avere già definito gli aspetti amministrativi con l’Agenzia delle Entrate, peraltro arrivando a un «apprezzabile ridimensionamento di quanto accertato». Quanto al contratto finito nel mirino degli inquirenti, il legale ha precisato essersi trattato di un’operazione proposta da primarie banche internazionali, sostenuta dal parere di autorevoli fiscalisti e dettata da ragioni di natura economica. Stipulata, cioè, in perfetta buona fede, al solo scopo di garantire il mantenimento dell’equilibrio finanziario della società, anche in situazioni di mercato negativo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto