Fronda anti vax: ora non voglio vaccinare neanche cani e gatti

UDINE. Il popolo dei no vax contagia anche i padroni degli animali. Il 3 per cento degli amici a quattro zampe in provincia di Udine, secondo l’ordine dei veterinari, non è infatti sottoposto alla profilassi. Le paure di una correlazione tra disturbi neurologici e immunizzazione nei bambini, più volte smentita nel corso degli anni dalla comunità scientifica con studi e ricerche, esistono anche nei padroni di cani e gatti.
Per il mondo “pet” le regole sono ben diverse da quelle degli esseri umani. Non esiste, infatti, alcun vincolo di legge – la vaccinazione antirabbica obbligatoria, tranne che per l’espatrio, è venuta a cadere circa 10 anni fa – ma la profilassi è facoltativa «anche se fortemente consigliata», come afferma il presidente dell’ordine udinese, Alberto Bernava.
«Anche la nostra categoria informa e sensibilizza i proprietari sulla prevenzione da malattie che possono nuocere ai cuccioli. Con l’importazione clandestina di cani affetti da gastroenterite virale – argomenta Bernava –, il cimurro ricomparso nella popolazione delle volpi e la leptospirosi che, se curata correttamente, può portare a gravi danni, i pericoli per i nostri amici a quattro zampe sono dietro l’angolo. Ma pur sempre si tratta di una scelta che spetta alla singola persona. Ed è giusto rispettare questa libertà. Al momento non riteniamo necessaria l’obbligatorietà visto che per tutte queste malattie non c’è alcun rischio per la salute umana, come invece accadde per la rabbia».
Per Bernava esiste «uno stretto legame tra i no vax umani e “animali”. A tal punto che si può parlare di una «stessa corrente costante nel tempo», ma «la gran parte dell’utenza – precisa il veterinario – si lascia consigliare e alla fine comprende i rischi che possono comportare le mancate profilassi».
Il vaccino, solitamente, viene iniettato dopo i primi due mesi di vita e comprende, in un’unica soluzione, l’anti cimurro, l’anti epatite virale, l’anti gastroenterite, l’anti parainfluenzale e i quattro ceppi contro la leptospirosi.
«Di recente – dichiara Marco Melosi, presidente dell’Associazione italiana medici veterinari (Anmvi) in un’intervista all’AdnKronos Salute – sono state riviste le linee guida sugli schemi vaccinali per gli animali da compagnia, ovviamente sulla base di una serie di studi sulla persistenza della risposta immunitaria, che si è notato durare a lungo. Quindi, se prima la maggior parte dei vaccini si faceva ogni anno, oggi per molti prodotti l’indicazione è passata a un richiamo ogni tre anni. Non si parla dunque di un impegno di tempo e di costi così alto».
Un vaccino costa, infatti, attorno ai 30-50 euro ed è sempre accompagnato da una visita generale di controllo in cui il veterinario accerta le condizioni di salute dell’animale.
«Le modifiche sono avvenute non certo perché legate a un rischio, ma al fatto che la sovravaccinazione non è necessaria se la risposta permane per più tempo di quanto si pensasse», sottolinea ancora Melosi che si sente di tranquillizzare gli indecisi.
«A prescindere dal fatto che anche per l’uomo è stato escluso qualsiasi legame fra vaccinazioni e autismo, in un cane o in un gatto sarebbe peraltro quasi impossibile diagnosticare un disturbo del genere – afferma Melosi –, e gli studi comunque ci dicono che non ci sono pericoli di malattie neurologiche a seguito di immunizzazione».
Il tema sulle paure dei vaccini nel mondo animale è emerso recentemente nel Regno Unito a seguito di un “tweet” nel quale lo show televisivo “Good Morning Britain” annunciava di «essere in cerca di proprietari che non hanno immunizzato i pet» perché «preoccupati dagli effetti collaterali», ma anche di «persone che hanno vaccinato il proprio animale domestico e ora credono che abbia sviluppato una forma di autismo canino come conseguenza».
Immediata la reazione della National Autistic Society (Nas) che, secondo quanto riporta l’Independent online, ha dichiarato di avere contattato direttamente la trasmissione esprimendo preoccupazione per il fatto che venisse riportata sotto i riflettori una tesi completamente screditata per gli esseri umani.
«Occorre comprendere che non è necessario vaccinare tutti gli anni – conclude Melosi –, per tutte le malattie: l’immunizzazione deve rientrare in un progetto di prevenzione generale, per cui ci si reca regolarmente dal veterinario e, nell’ambito della visita, lui valuterà se e quali richiami effettuare, dopo aver appunto accertato le condizioni di salute dell’animale.
Purtroppo questo messaggio stenta a passare, perché si tratta pur sempre di portare un cane sano dal “medico”. Ma come associazione dei medici veterinari stiamo lavorando affinché gli italiani acquistino consapevolezza sull’importanza di questo tipo di prevenzione».
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