«Funghi buoni e velenosi si assomigliano»

Conferenza allo Zanon con gli esperti: ogni esemplare va esaminato anche all’interno, non improvvisatevi raccoglitori



Per tinta, forma, dimensione e odore, molto spesso funghi diversi si somigliano. E la faciloneria con cui fungaioli improvvisati e ostinati si aggirano in natura, non aiuta. Molteplici sono infatti i casi di avvelenamento, procurato dall’inganno di affinità tra funghi mortali, velenosi, mangerecci e non commestibili. «Onde evitare clamorose cantonate in buona fede – ha spiegato l dottor Riccardo Mazza, esperto micologo durante una conferenza organizzata alcuni giorni fa dal Centro micologico friulano all’auditorium Zanon – è necessario analizzare un fungo nella sua interezza, esplorandolo anche all’interno». Oltre alla scelta di specie commestibili e buone in cucina, è doveroso sapere che tutti i funghi devono essere consumati ben cotti e in pasti non ripetuti, né ravvicinati né troppo abbondanti.

Per insipienza, situazioni di similitudine o raccolte poco tipiche, spesso si incorre quindi in casi di confusione tra varietà fungine differenti. Questo per esempio, può essere il caso del confronto tra l’Amanita muscaria e l’Amanita caesarea.

L’amanita muscaria è comunemente conosciuta con il nome di Ovolaccio oppure Ovolo malefico. È definita come “spion della brisa” poiché suggerisce ai cercatori di funghi dove possono trovare i Porcini (o Brise). Se mangiato, è dannoso alla salute ma non provoca la morte. Esso possiede un cappello rosso più o meno cosparso di piccole verruche bianche tondeggianti, lamelle, gambo e anello, bianchi anch’essi.

L’Amanita caesarea – detta anche Ovulo buono – non dev’essere confusa con l’Ovolaccio, soprattutto qualora, quest’ultimo, fosse privo di verruche, che potrebbe perdere a causa di un acquazzone. L’Ovulo buono si distingue per il colore sempre giallo delle lamelle, del gambo e dell’anello, per il cappello emisferico color arancio e per l’ampia volva membranosa bianca.

Svariati possono essere inoltre i meccanismi di intossicazione. Primo fra tutti è l’ingestione di funghi spontanei tossici, avariati o commestibili ma non adeguatamente cucinati, come ad esempio: la mancata prebollitura per Chiodini (Armillaria mellea) e la scarsa cottura per le specie Boletus Iuridus e Amanita vaginata. Oltre al consumo, per i funghi allucinogeni è invece sufficiente l’inalazione per incorrere in avvelenamento. I sintomi quasi sempre presenti, sono quelli gastro-intestinali che, a seconda delle specie fungina ingerita, possono comparire in tempi diversi. Alcune particolari varietà, possono inoltre produrre sonnolenza, disorientamento, tremori, lacrimazione e difficoltà respiratoria. Nel caso, è fondamentale recarsi immediatamente al Pronto Soccorso, portando con sé i residui del fungo per permetterne l’identificazione.

Le ricerche fai da te su internet non sono pertanto sufficienti: per “andare a funghi” è indispensabile una consolidata conoscenza micologica di base, una sorta di tirocinio sul campo con gli esperti in materia. –



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