Funghi, ecco la guida alla raccolta: 2017 annata negativa, si salva solo l'autunno

La Carnia meglio del Tarvisiano, in collina poche soddisfazioni. Con l’abbassamento delle temperature medie e soprattutto di quelle minime, sono venute meno le condizioni che hanno fatto del mese di ottobre uno dei periodi più propizi dell’anno per porcini, finferli e ovoli, le specie più apprezzate dai raccoglitori, oltre che dei chiodini, diffusi fin dalle quote più basse. Dati, storie e pareri degli esperti per non sbagliare

Per il calendario non è neppure a metà strada, ma l’autunno dei funghi, o almeno di quelli più apprezzati in cucina, sta già per terminare. Con l’abbassamento delle temperature medie e soprattutto di quelle minime, infatti, vengono meno le condizioni che hanno fatto del mese di ottobre uno dei periodi più propizi dell’anno per la raccolta di porcini, finferli e ovoli, le specie più apprezzate dai raccoglitori, oltre che dei chiodini, diffusi fin dalle quote più basse.

«È stato un autunno discreto al termine di un’annata tutt’altro che positiva, anche se generalizzare non è corretto, perché le condizioni variano da zona a zona anche in una regione piccola come il Fvg», spiega Lucio Fassetta, ex avvocato di professione, ma anche micologo, socio fondatore, consigliere e memoria storica del Centro micologico friulano di Udine.
 

Clima negativo


A segnare in negativo la stagione, almeno fino a tutto settembre, è stato anche il clima, e non soltanto una legge regionale, la numero 25/2017, maldigerita dalle 18 associazioni micologiche del Fvg, critiche per l’aumento del costo del permesso regionale (da 50 a 70 euro) e anche per l’iniziale intento, poi corretto in fase di approvazione finale della legge, di abolire l’obbligo dell’esame di fine corso per il rilascio del patentino.

Il clima, appunto: «Abbiamo pagato gli eccessivi sbalzi di temperatura – spiega ancora Fassetta – e il lungo periodo di siccità. In generale le condizioni sono state negative, e addirittura disastrose nella fascia collinare, per poi migliorare dalla fine di agosto, ma soltanto in Carnia, mentre nelle altre zone le buone buttate sono state brevi e direi episodiche».


Funghi d’importazione


La ricchezza dell’offerta su diversi banchi di frutta e verdura non deve trarre in inganno: nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di funghi di importazione, perché lo sbocco principale della raccolta locale, quando il consumo di quanto raccolto non si ferma all’ambito familiare, resta la ristorazione.

L’annata non è stata straordinaria, e secondo gli addetti ai lavori come Fassetta esistono anzi segnali di un costante impoverimento.

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«Nella fascia collinare, che fino a una trentina di anni fa era ricca di varietà anche pregiate, la progressiva scomparsa dei prati stabili ha provocato la sparizione quasi totale dei prataioli, degli igrofori e di altre specie minori, mentre il deperimento e l’incuria nei boschi ha ridotto di molto le specie nobili e simbionti, con il contemporaneo aumento di funghi parassiti e di altri, come alcuni lattari di grossa taglia e a lattice acre, che sono chiari segnali di degrado ambientale».


Bosco malato


Non si tratta soltanto delle preoccupazioni di micologi e raccoglitori: la scomparsa dei funghi, o la prevalenza di determinate categorie di funghi rispetto ad altre, è anche un campanello d’allarme sullo stato di salute del territorio e in particolare dei boschi: «Nella foresta tarvisiana, ad esempio, quest’annata è stata caratterizzata da una bassissima presenza di amanite muscarie (i cosiddetti funghi di Biancaneve, ndr), che normalmente dovrebbero invece essere numerose nel periodo una forte presenza di alberi malati e da abbattere.

I funghi simbionti come le amanite, i boleti o i finferli, infatti, svolgono una funzione preziosissima anche per le piante, dalle quali assorbono sì carboidrati, ma contribuendo nel contempo a una loro migliore idratazione, grazie alla capacità dei miceli di “pescare” acqua in profondità». Il contributo gastronomico, insomma, non è certo quello più importante di queste specie viventi per molti versi ancora sconosciute ai più.
 

Guai a considerarli piante. Se è vero che crescono dalla terra, i funghi non sono capaci di autoprodurre il proprio nutrimento, come i vegetali. Non essendo in grado di compiere la fotosintesi, infatti, devono trarre il proprio “cibo” da altre sostanze organiche, viventi o non viventi, come gli animali.

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Una specie a metà tra due regni, che si differenzia al suo interno in tre grandi sottogruppi, a seconda delle modalità di sostentamento.

Il più nobile è rappresentato dai funghi simbionti, quelli che stabiliscono cioè una simbiosi con una pianta, aderendo con il proprio micelio, che è sempre sotterraneo e costituisce il fungo vero e proprio, alle estremità finali delle radici.

È la pianta a fornire loro zuccheri, carboidrati e altre sostanze nutritive, ma in un rapporto di scambio utile a entrambi, dal momento che il micelio, con la sua forte capacità di assorbire acqua e Sali minerali dal terreno, dà anch’esso un importante contributo al nutrimento della pianta. È per questo che una forte presenza di funghi simbionti, come i boleti, i finferli e tutte le amanite, è indice di un buono stato di salute del bosco.

Di segno opposto una forte presenza ai piedi o sui tronchi degli alberi di chiodini o piopparelli, funghi parassiti che prosperano sulle piante malate, contribuendo ad accelerarne la morte e il processo di selezione naturale. Il terzo gruppo, a cui appartengono varietà come le mazze di tamburo o i prataioli, è quello dei funghi saprofiti, quelli che si cibano di residui vegetali, decomponendoli e trasformandoli in humus e sali minerali, un contributo anch’esso fondamentale per la pulizia e la sopravvivenza di boschi e prati.


Buoni o no? I controlli

 

Il primo comandamento è lapidario e tassativo. Raccogliere soltanto i funghi che si conoscono. E consumarli sempre cotti, salvo diverse indicazioni di uno specialista, perché tutti i funghi, compresi quelli più apprezzati in cucina, sono difficilmente digeribili e sono inoltre suscettibili di generare intolleranze.
 

Per chi avesse dubbi su funghi raccolti o ricevuti in regalo, in ogni caso, fino al 23 novembre è disponibile il servizio di controllo funghi dell’Azienda sanitaria. Lo sportello è attivo a Udine nella sede del Dipartimento di Prevenzione di via Chiusaforte, per un’ora al giorno (dalle 8.30 alle 9.30) nelle mattinate di lunedì e mercoledì.
 

Per appuntamenti al di fuori di queste fasce orarie è possibile contattare il personale telefonando allo 0432 553218 o al 335.7991180. Per controlli gratuiti ci si può rivolgere anche alle sedi di uno dei tanti gruppi micologici attivi in regione, che organizzano anche corsi ed esami per il rilascio dell’autorizzazione regionale, oltre a varie attività scientifiche o ludiche, come mostre, pubblicazioni, conferenze ed escursioni.
 

Prudenza sempre, quindi, ma è bene anche evitare paure e psicosi. I casi di avvelenamento e di morte sono fortunatamente rari, e affrontati da tossicologi e medici con successo sempre maggiore, nonostante le difficoltà legate all’individuazione delle cause (non sempre è possibile stabilire da subito se l’avvelenamento sia da fungo e da quale esemplare sia stato provocato).
 

«La recente casistica medica – spiega Lucio Fassetta, consigliere del Gruppo micologico friulano – ci dice ad esempio che il 90% dei casi di intossicazione da amanite si risolve senza conseguenze mortali, ricorrendo entro le 30 ore dal pasto a massicce dosi di idratazione. Ma le modalità d’intervento variano sensibilmente da fungo a fungo, quindi per avere successo, nei casi in cui una cura sia possibile, è indispensabile non solo agire con tempestività, ma prima di tutto risalire alle cause».


 

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