Fuori altri 5 ultrà, la Procura fa ricorso
Cinque ultrà del Napoli sui sei fermati domenica sera in un’area di servizio della A4 Venezia-Trieste, dopo gli scontri con la polizia prima di Udinese-Napoli, sono stati rimessi in libertà. Nei confronti di tutti, il questore di Udine, Giuseppe Padulano, ha emesso un decreto di divieto di partecipare a manifestazioni sportive (Daspo)

UDINE.
Dei sei ultrà napoletani ancora in carcere per gli scontri di domenica, resta dentro soltanto Massimiliano Cioce, l’unico accusato anche di lesioni aggravate per l’accoltellamento e le botte al bar “Allo stadio”. Così ha deciso il Gip al termine dell’udienza con la quale, ieri, ha convalidato tutti gli arresti e disposto la liberazione, senza misure cautelari, degli altri cinque. Intanto, però, la Procura annuncia ricorsi.
L’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, Roberto Venditti, è arrivata attorno alle 16, dopo che, in mattinata, si era recato in carcere per sentire, uno a uno, i sei ultrà napoletani arrestati dalla Polizia domenica sera. Assistiti dall’avvocato udinese Giovanni Adami, hanno fornito tutti la medesima versione dei fatti, riferendo di essersene andati da Udine – rinunciando così ad assistere alla partita, per la quale avevano peraltro già comprato il biglietto – proprio per sottrarsi ai tumulti in mezzo ai quali erano capitati, arrivando nel parcheggio del settore Nord, a bordo di un furgone preso a noleggio.
Una ricostruzione che, almeno dal punto di vista temporale, combacia con quella della Questura: i filmati girati dalle telecamere poste all’esterno dello stadio mostrano quello stesso furgone prima fermo al centro del piazzale nel quale, tra le 13.30 e le 14, si scatena la guerriglia, e, poi, mentre si allontana con il parabrezza distrutto dalla sassaiola. A non combaciare, invece, è il racconto di quanto avvenuto durante gli scontri. Stando ai sei ultrà, la loro permanenza nel parcheggio sarebbe durata dieci secondi esatti: il tempo di fare qualche manovra, annusare aria di tempesta e decidere di tagliare la corda.
Quanto ai due tubi di plastica (dei quali uno con l’anima in acciaio) trovati nel portabagagli del furgone dalla polizia stradale che, attorno alle 14.30, li ha fermati a Gonars e per i quali sono stati chiamati a rispondere del reato di possesso di strumenti atti a offendere durante manifestazioni sportive, tutti e sei hanno spiegato l’assenza delle relative bandiere, sostenendo di averle tenute in tasca per attaccarle in un secondo momento.
Nel decidere per cinque di loro - Francesco Amato, 20 anni, Alessio Tassieri, 21, Giuseppe Sabella, 20, Giorgio De Lutto, 21, Roberto Murena, 19, tutti di Napoli - la scarcerazione e il rigetto della richiesta dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza, con permanenza notturna a casa, avanzata dal pm Matteo Tripani, il Gip ha tenuto conto sia del fatto che si tratta di giovani incensurati, sia dell’assenza di elementi che provino l’utilizzo da parte loro dei tubi.
Il giudice, in altre parole, ha ritenuto come unico dato certo il fatto che si trovassero tutti a bordo del furgone. Diverso il discorso per Massimiliano Cioce, 24 anni, di Napoli, indicato anche come uno dei tre ultrà (gli altri due non sono stati ancora individuati) che hanno accoltellato e preso a botte alcuni tifosi udinesi dentro e fuori il bari “Allo stadio”. Pur escludendo che ad adoperare il coltello sia stato Cioce, il Gip lo ha comunque ritenuto responsabile dell’episodio e del concorso in lesioni aggravate del quale è stato accusato.
Da qui, la decisione di accogliere la richiesta della misura cautelare in carcere avanzata dal pm nei suoi confronti. Decisione contro la quale l’avvocato Adami ha già annunciato ricorso al tribunale del Riesame. E di ricorso ha parlato anche il procuratore della Repubblica, Antonio Biancardi. Nel dirsi sorpreso rispetto alla decisione con la quale, martedì, anche il giudice monocratico Francesca Feruglio, nel processo per direttissima, aveva rimandato a casa senza misure alternative gli altri due ultrà napoletani arrestati per concorso in possesso di strumenti atti a offendere e concorso in rissa, ieri Biancardi ha affermato la volontà di impugnare l’ordinanza.
«Mi limito a usare i mezzi messi a disposizione dal Codice per contrastare le decisioni del giudice – ha detto il procuratore capo –. Parliamo di fatti estremamente gravi e per i quali, comunque, ci eravamo limitati a chiedere una misura cautelare assai lieve: niente più che il divieto di dimora a Udine. Il giudice ce l’ha negata e ora proveremo a opporci». Analoga iniziativa potrebbe essere presa nelle prossime ore per i cinque ultrà scarcerati ieri. «Mi riservo di leggere le motivazioni – ha affermato Biancardi – e di decidere il da farsi. Una cosa, comunque, per ora è certa: su 200 ultrà che hanno partecipato alla guerriglia, ne resta in carcere soltanto uno. E, c’è da scommerlo, non ci resterà neppure tanto».
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