Fusione tra Fiere, da Pordenone un “ni” a Udine

Il presidente Ongaro: si può pensare a un soggetto unico regionale, ma servono investimenti mirati

PORDENONE. Non sbatte la porta, ma nemmeno la spalanca di fronte all’ipotesi di un ente fieristico unico regionale lanciata dalla presidente friulana Luisa De Marco.

No, per Roberto Ongaro, numero uno di Pordenone Fiere, si può anche pensare a un singolo soggetto per tutto il Fvg a condizione, però, che la regia sia in mano a una terza parte in gioco e che, piaccia o non piaccia, si stili a tavolino anche un serio piano di investimenti perché «con i fichi secchi ci si può anche sposare, ma non impostare il futuro».

Presidente, pare di capire che non abbia apprezzato molto le parole della sua collega De Marco...

«Non è quello, ma diciamo che ritengo necessario specificare alcune cose. Pur condividendo, infatti, la necessità di trovare una giusta dimensione per affrontare i mercati, spesso mi sembra di rivivere l’albero di Bertoldo».

Può spiegarsi meglio?

«Una volta bisogna aspettare che venga eletto il sindaco di Pordenone, un’altra che sia scelto il presidente della Fiera. La realtà, invece, dice che se c’è la volontà di mettersi in comune per creare un unico ente dobbiamo trovare l’interprete in grado di raggiungere l’obiettivo e dirci chiaramente che senza un piano di investimenti serio non andremmo comunque da nessuna parte».

Lei, insomma, non crede alla possibile fusione degli enti...

«Onestamente non ho molta fiducia nei matrimoni combinati e ritengo che una fusione dall’alto non servirebbe a nulla. La Regione, certamente, dovrà spingere in questa direzione ed essere consenziente, ma la situazione è più complessa. Se parliamo di fusioni, infatti, bisogna spiegare a tutti come le aggregazioni gestionali possano essere relativamente semplici, ma quelle patrimoniali siano più articolate ed esigano tempo. Il tutto tenendo in considerazione che poi avremmo la necessità di trovare un soggetto terzo che interpreti, in questo caso sì con la regia della Regione, la fiera del Fvg».

De Marco ha sottolineato la necessità di unirsi per riuscire a competere a livello nazionale. Non condivide?

«Ha ragione. Talmente tanto che il sottoscritto sogna un panel di fiere che raggruppi non soltanto Udine, Gorizia, Pordenone e anche i due eventi di Trieste, ma pure quelle manifestazioni che, a torto, definiamo minori, ma che sono in grado di attrarre migliaia di visitatori. Penso, ad esempio, alle fiere sul mare di Caorle o a quelle svolte a Santa Lucia di Piave o ancora a Longarone. I doppioni? È un problema risibile, ma comunque facilmente risolvibile. Basta sedersi attorno a un tavolo e decidere assieme date e tipologia di esposizioni».

Scusi e perchè sino a questo momento non è mai stato fatto?

«C’è stato, in qualche modo, un arroccarsi sulle proprie posizioni. Pordenone non è esente da colpe, ne sono consapevole, ma almeno dal momento del mio insediamento la mano tesa verso Udine c’è sempre stata. E spero che in futuro queste aperture vengano colte. Le nostre proposte di collaborazione ci sono, come nei contratti di rete, o penso alla proposta di gestire in comune le attività di allestimento in modo tale da offrire ai nostri espositori un servizio davvero di rilevanza regionale».

Un altro problema è l’internazionalizzazione. Lei ci ha puntato, De Marco no...

«Vero, ma non capisco la motivazione. Dobbiamo tenere conto che lavoriamo in una regione che tende, per propria composizione del tessuto aziendale, all’export e che, comunque, tutte le Fiere italiane si sono poste il problema per cui sarebbe strano che in Friuli non ci pensassimo. Certamente bisogna scegliere con cura quali mercati puntare, perché non si può andare dappertutto se non si vuole rischiare di sbattere il naso, ma muovendoci in simbiosi con le aziende si possono cogliere ottime opportunità».

A giugno Pordenone va al voto per eleggere il nuovo sindaco e il Comune è socio di riferimento della Fiera. Quanto potrà incidere, sul piano delle eventuali alleanze, la tornata elettorale?

«Credo che al di là dei sindaci noi, come Fiere, abbiamo una necessità: devono essere i tecnici a proporre alla politica le soluzioni migliori. Non possiamo aspettare che siano gli amministratori a tracciarci la rotta perché sarebbe sbagliato oltre che controproducente».

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