Fvg Strade, dirigenti dal giudice: non gli bastano 100 mila euro

In due portano la società in Tribunale dopo la riduzione dell’assegno di 30 mila euro. L’udienza decisiva a Trieste è in programma per i primi giorni di febbraio

UDINE. Non hanno nessuna intenzione di rinunciare a 30 mila euro lordi l’anno. Non senza resistere davanti al giudice del lavoro. Due dirigenti di Fvg Strade portano la società in Tribunale, per vedersi riconoscere l’identico trattamento economico di quando furono assunti. E indirettamente, quindi, considerano illegittima la legge regionale con la quale i loro stipendi sono stati tagliati.

Con ordine. La società è stata creata alla fine del 2007, a capitale interamente pubblico – il 100 per cento è dell’amministrazione regionale –, per progettare, realizzare, gestire e vigilare sulle opere viarie. Dall’Anas la società ha ereditato le ex strade statali, oggi regionali. E all’Anas Fvg Strade si è anche rivolta per reclutare personale. Dipendenti che, quella era la regola, nel transitare da un ente all’altro avevano diritto a mantenere stesso contratto e identico stipendio. Una postilla che per i dirigenti era un affare. Ma la situazione dev’essere sfuggita di mano e così alcuni direttori si sono ritrovati stipendi da funzionari del ministero dell’Economia – il socio unico di Anas – pur non transitando da Anas.

È accaduto con due direttori in particolare, approdati a Fvg Strade e fino a ottobre titolari di un assegno da 130 mila euro lordi l’anno. Troppo, almeno per i parametri della giunta di Debora Serracchiani, votata a una spending review spinta. Sandro Didonè, oggi direttore della divisione Esercizio (cioè le manutenzioni) e fino a pochi mesi fa a capo dell’ufficio Nuove opere, non ha mai lavorato in Anas ma ha beneficiato della vecchia regola, diventata prassi. Lui è entrato a far parte della squadra di Fvg Strade dopo una selezione affidata alla Dotto Research di Verona e i “cacciatori di teste” hanno individuato in Didonè il manager adatto all’impegno.

Ma Didonè non arrivava da Anas. Arrivava da Anas, invece, Emanuela Castellotti, direttore della divisione Amministrazione e finanza, ma dalla società del ministero dell’Economia si licenziò proprio per essere assunta a Fvg Strade.

E furono i vertici della Spa regionale a scegliere lei e a chiamarla direttamente, dopo verifiche e raccolta di qualche informazione. Entrambi firmarono un contratto per 130 mila euro l’anno lordi. A entrambi lo stipendio è stato tagliato, del 23 per cento circa, e oggi incassano 100 mila euro. Entrambi hanno portato Fvg Strade al Tribunale di Trieste, davanti al giudice del lavoro Annalisa Multari. Didonè e Castellotti sono assistiti dall’avvocato di Gorizia Daniele Compagnone, che aveva già scritto una diffida alla società regionale a non applicare una legge regionale. Avvertimento che i vertici di Fvg Strade non hanno raccolto. Hanno scelto di applicare la legge regionale. Come dar loro torto? L’udienza davanti al giudice Multari è programmata nei primi giorni di febbraio.

Didonè e Castellotti puntano i piedi per incassare, ancora e sempre, 130 mila euro. E quindi ritengono che una norma votata dal Consiglio regionale leda un loro diritto acquisito. La legge è di luglio 2014, varata per la semplificazione urbanistico-edilizia, e la normetta taglia-stipendi stabilisce che “il trattamento economico annuo onnicomprensivo riconosciuto ai dirigenti di Fvg Strade, correlato alla posizione occupata, alle responsabilità attribuite, alla complessità organizzativa e funzionale della struttura assegnata, può essere determinato fino al massimo di 100 mila euro annui lordi e comunque determinato in coerenza con le disposizioni del Contratto collettivo regionale di lavoro – Area della dirigenza del personale del Comparto unico regionale”.

Che significa mettere nero su bianco che i direttori di Fvg Strade sono equiparati ai direttori di servizio della Regione e non ai super-dirigenti, il cui stipendio va, appunto da 130 a 145 mila euro lordi l’anno.

Non è finita. Didonè è in causa con la società non solo per lo stipendio, ma anche per l’indennità che ritiene gli sia dovuta dopo il cambio di sede. Da qualche mese il direttore è passato dalla divisione Nuove opere a quella Esercizio, cambiando ufficio da Trieste a Udine. Un cambio che secondo lui gli dà diritto a incassare tre mensilità. Al no della società Didonè si è rivolto al Tribunale di Trieste. Tagliare e parlare di tagli è facile. Accettarli non lo è mai.

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