Gasparri: "Si scordino quella legge: non si farà mai"

L’esponente di Fi: non si può riscrivere la storia così. «Vado contro i miei colleghi deputati? Me ne frego»
Maurizio Gasparri durante la cerimonia per la festa della donna al Quirinale, Roma, 08 marzo 2016. ANSA / ETTORE FERRARI
Maurizio Gasparri durante la cerimonia per la festa della donna al Quirinale, Roma, 08 marzo 2016. ANSA / ETTORE FERRARI

UDINE. Ostile, da subito, a «una riscrittura orwelliana della storia», Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato e componente la commissione Difesa dice che episodi come quello di Cercivento appartengono al campo dell’indagine storica, e sono troppo complessi per chiuderli con un testo generico e mal scritto (con buona pace dei compagni di partito che l’hanno votato alla Camera).

Senatore Gasparri, si è detto contrario alla legge...

«A qualsiasi legge, anche a quella uscita dalla commissione senatoriale, tant’è che voterò contro. Ci fu chi pagò senza colpe specifiche, ma una materia di questo tipo può trovare spazio solo nel dibattito storico e culturale».

Conosce il caso dei fusilâz di Cercivento?

«Il fatto è che siamo in presenza di un tema molto articolato, e di una legge generica. Vi furono episodi di varia natura e c’era la legge marziale, che fu applicata».

Sì, ma la vicenda di Cercivento, la conosce?

«Se fa il saccente con me casca male. So molte più cose di lei, sono giornalista e legislatore, e anche il massimo esperto militare di tutto il Parlamento. Certo che conosco quei fatti, ma parliamo dell’Italia di cent’anni fa. Se andiamo a esaminare il passato non ne veniamo fuori. Condanniamo Giulio Cesare? Smontiamo le piramidi, io e lei, perché fatte dagli schiavi?».

Ha parlato di riscrittura orwelliana...

«Certo. La legge della Camera prevedeva persino come dovesse essere scritta la lapide, con un concorso nelle scuole...».

Dove non si deve parlare di questi temi?

«Io sono per parlare di tutto. Compiutamente, però. Sul triangolo della morte, sulle foibe, c’è ancora il silenzio dei libri di storia».

Ma non è stata fatta appunto una legge, per la “giornata della memoria”?

«Dico che c’è il rischio che le scuole parlino non di tutta la guerra, dei motivi scatenanti, di ciò che poi è divenuta l’Italia, ma solo di certi episodi. Per il richiamo alla memoria storica, mi va bene anche una commemorazione solenne in Parlamento».

Non è offensivo verso i forzisti della Camera criticare così il provvedimento che hanno votato?

«E che mi frega? Siamo liberi, non c’è vincolo di mandato. Vale lo stesso per quelli del Partito democratico perché la commissione Giustizia, lo scriva, è stata unanime nel giudicare necessaria la riscrittura. Invece, in tema di offese, offensivo è stato Paolo Rumiz».

Perché Rumiz ha richiamato il fatto che lei non ha fatto il militare?

«E allora? Ho un’aritmia cardiaca, devo produrre a lui il certificato? Padre e fratello militari, zio decorato della Seconda guerra mondiale, a 15 anni mi sono iscritto al Fronte della gioventù, sezione giovanile del Msi, può bastare? Da allora milito. Militare e militanza hanno la stessa radice. Ma, per tornare alla legge, sa come finirà?»

Come?

«Che non si farà mai. Il Senato, senza il mio voto, approverà la sua proposta, la Camera a sua volta, riproporrà il proprio testo. E naturalmente il Senato...».

Ma se quest’ultimo, nel ping pong, all’improvviso non ci fosse più?

«Ah...beh, a questo punto basterà vincere alla Camera». (l.s.)

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